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Nella nostra rubrica avevamo già esplorato a fondo diverse fonti della letteratura oronziana come i DIPLOMI  di Tancredi e Ladislao, le CRONACHE di Antonello Coniger, l’APOLOGIA PARADOSSICA di Jacopo Antonio Ferrari con le relative PROBLEMATICHE  di lettura  ed il racconto agiografico contenuto nelle OPERE SPIRITUALI  di Paolo Regio.

 

 

Gli scritti sul protomartire appulo comparsi negli ultimi decenni del Cinquecento ebbero delle ricadute letterarie sin dai primi anni del secolo successivo. Già nel 1607 il Discorso dell’antichità e sito della fedelissima città di Lecce redatto dall’ecclesiastico Peregrino Scardino (1560-1616), nativo di San Cesario, presenta un compendio degli eventi: “Sant’Orontio fu un gentiluomo leccese. Costui avendo, con molte accoglienze, ricevuto San Giusto di Corinto, discepolo di San Paolo, dal quale era mandato in Roma, fu da quello convertito alla fede di Cristo insieme con molti altri suoi congiunti. Per il che, San Giusto al ritorno portatolo seco a Corinto e dall’Apostolo Paolo confermato alla fede, furono tutte e due eletti alla conversione della città di Lecce. Facendo l’Apostolo Orontio vescovo della sua patria e dandogli Giusto per predicatore di quelle genti. Ma, incrudelendo verso il nome cristiano l’empietà di Nerone, furono da suoi soldati uccisi in mezzo alla piazza di Lecce, stando l’uno a predicare il Vangelo, l’altro a battezzare coloro che convenivano. Fu il loro martirio l’anno della salute 68, nella prima domenica di settembre. Quindi avvenne che, per memoria di questo loro santo, eressero i leccesi fuori le mura una cappella dove si faceva la sua festa l’ultima domenica di agosto con la fiera ed ha la gran franchigia per un privilegio di Re Ladislao”.

Nel suo Discorso lo Scardino segue la versione di Paolo Regio. I personaggi di Giusto ed Orontio sembrano avere la medesima caratura perché entrambi prescelti dal cielo per la salvezza di Lecce. Essi inoltre furono martirizzati - non è specificato come - dagli sgherri di Nerone sulla pubblica piazza della città, mentre erano intenti a compiere i loro sacri uffici di omileta e di sacerdote. L’autore conosce poi l’esistenza di una cappella fuori le mura dedicata ad Orontio ma, fatto curioso, tace sul preciso motivo per cui quel luogo di preghiera venne lì edificato. Se il santo sparse il suo sangue sulla piazza principale perché i leccesi eressero una cappella extraurbana? Sul tema si riscontra dunque la stessa incertezza che è possibile notare nelle FONTI cinquecentesche. Lo Scardino risulta invece informato sul Diploma di Ladislao anche se ammette che la festa nei pressi della chiesa sorta in periferia “si faceva l’ultima domenica di agosto”. Quindi, almeno nel suo tempo, quella festa o non avveniva più in quel luogo o non avveniva affatto. Un altro particolare da tenere in considerazione è che il martirio viene fissato alla prima domenica di settembre. Un dato meritevole di approfondimento.

 

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