Alla vigilia dell’Anno Santo Oronziano non poteva mancare la tradizionale tappa allo storico santuario di Sant’Oronzo fuori le mura, il primo significativo luogo del Giubileo, come ha tenuto subito a specificare l’arcivescovo Michele Seccia durante la celebrazione eucaristica a cui hanno preso parte sentitamente numerosi fedeli ieri mattina.
Il 25 agosto, tradizionalmente, durante le festività, è la data del ricordo e della memoria storica con la messa presso il luogo dove la tradizione vuole sia accaduto il massimo atto di amore del nostro patrono, il martirio. Oggi, a duemila anni dalla nascita di Sant’Oronzo, questo luogo ha assunto un significato di devozione e di fede ancora più importante.
In una chiesa piena di fedeli, tenuti rispettosamente a distanza per l’emergenza sanitaria, alla presenza delle autorità leccesi e anche surbine, il vescovo ha voluto rendere da subito tutti partecipi della sua gioia e della sua emozione particolare nel ritrovarsi ancora una volta insieme nel luogo dell’origine della nostra fede come leccesi e salentini soprattutto all’inizio di questo speciale anno.
“Ferma e sicura deve essere la nostra fede nel martirio!”. Così ha esclamato l’arcivescovo durante l’omelia, nella quale ha ribadito con decisione il valore profondo e significativo del martire a partire dai primi secoli, legati appunto ai santi patroni, fino alla nostra età contemporanea. “La storia ci fa legare il significato di martirio solo al sacrificio estremo della vita” ha spiegato il pastore, “ma i martiri sono in mezzo a noi oggi, nella nostra stessa Italia, e li possiamo trovare nel mondo del lavoro come gli sfruttati, nella società come gli emarginati, nelle terapie intensive dove c’è ancora chi combatte il Covid. Ovunque c’è una sofferenza volta con uno sguardo d’amore alla fede, li c’è il martirio, roccia su cui basare la nostra fede”.
Il santuario “te la Capu te Santu Ronzu”, come la tradizione leccese lo definisce da sempre, o “Santu Ronzu te fore” è il luogo del ricordo, delle origini e della storia stessa della nostra terra e della nostra identità. “Venire qui oggi è un segno di responsabilità verso la nostra società, verso i più piccoli a cui dobbiamo affidare la memoria e verso il sacrificio di chi ci ha resi tutti cristiani qui duemila anni fa” ha specificato il vescovo.
“Cosa significa il martirio oggi?” è la domanda che ha posto a tutti. “Quale valore diamo alla fede oggi?” L’invito a guardare all’esempio di Sant’Oronzo è la chiave per comprendere il valore di un atto di fede.
Al termine della celebrazione Seccia ha invitato tutti i fedeli presenti a uscire con lui nel piazzale del santuario dove è collocato l’antico cippo che la tradizione vuole sia la colonna dove Sant’Oronzo venne incatenato nel momento della decapitazione. Intorno a quel luogo del massimo sacrificio, li dove tutto ha avuto inizio, il successore di Sant’Oronzo ha affidato tutta la città di Lecce, l’intera comunità diocesana, le famiglie, i giovani e i bambini, gli anziani, gli ammalati alla paterna protezione di Sant’Oronzo. Radunati insieme al loro pastore, intorno alla colonna sormontata dalla croce, tutti i fedeli hanno affidato speranze e aspettative in questo tempo di pandemia che ancora di più ci vede legati alla protezione dei nostri santi patroni.
Al termine di tutto il momento religioso, sempre nel giardino del santuario, il prof. Salvatore Coppola ha intrattenuto i presenti con un breve momento musicale al clarinetto regalando attimi di leggerezza e divertimento legato a questi giorni di festa per tutta la città.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli.