La popolarità del culto in onore di Sant’Oronzo e degli altri due patroni San Giusto e San Fortunato, giunta sino ad esaltanti manifestazioni soprattutto nel secolo XVII, costituisce motivo di grande attenzione e di numerosi approfondimenti da parte degli storici. Attribuendola, a volte, a motivazioni di ricerca di vantaggioso prestigio dell’autorità episcopale o della diocesi rispetto alle altre.
In considerazione della persistente costatazione che il vissuto devozionale popolare costituisce una componente cultuale e sociale che incide nella vita civile, prestandosi ad una dimensione religiosa, capace di coinvolgere orizzonti e orientamenti della popolazione nella vita civile.
Occorre, allora, prestare notevole attenzione alle reali testimonianze storiche che precedono il fervoroso e concitato ardore della pietà precedente l’epidemia della nel 1656.
In tale contesto, si può tenere presente la seria documentazione della nota e ponderata ricerca compiuta da Raffaele De Simone (S. Oronzo nelle fonti letterarie sino alla metà del Seicento).
Poiché sono diversi i testi inerenti all’argomento da lui giudicati falsificazioni, come, ad esempio, la cronaca Rudiae, scritta da Jacopo Argenteris con infondata descrizione agiografica sul culto oronziano, di fatto seicentesca.
Occorre considerare con attenzione il suo rigore storico, come quando, a esempio, il suddetto Argenteris riferisce della costruzione della chiesa cattedrale, eretta dal vescovo Bono nel 1110, elencando un altare eretto in onore di Sant’Oronzo ed il De Simone, invece, sottolinea severamente che tale dato è assolutamente privo di fonti.
D’altra parte, già prima dell’entusiastica attività del vescovo leccese Luigi Pappacoda, si possono esaminare dati ed indicazioni reali con testimonianze su Sant’Oronzo.
Pur accostandosi molto criticamente al modo di scrivere in quei secoli la storia, congiungendo non di rado eventi veri con molte altre nozioni frutto di fantasia.
Come è necessario fare leggendo criticamente la cinquecentesca Apologia paradossica della Città di Lecce di Jacopo Antonio Ferrari, scritta con vari dati fantasiosi, ma certamene attestando che nel secolo XVI il riferimento a S. Oronzo era presente in Lecce.
E che, quindi, costituiva una testimonianza agiografica sul santo. Nel segno, pertanto, di una devozione precedente al rilancio cultuale del Pappacoda. E di un culto certo ed antico. Anche se da noi sconosciuto nelle forme durante il primo millennio cristiano.