Dodicesimo giorno di guerra… Sono già tanti, possiamo dire anche troppi per una coscienza che invoca la pace e si appella ogni giorno al buon senso di coloro che dovrebbero solo prendere una decisione e fermare questa orrenda macchina da guerra che costantemente vomita morte e distruzione.
Sono ormai tante le vittime di questa guerra, vittime innocenti sacrificate sull’altare dell’egoismo, per poi affermare che l’uno è più bravo dell’altro nel prevalere ed anche uccidere. Vittime sono i morti in battaglia, spesso giovani ed inconsapevoli di ciò che sarebbe accaduto nella loro vita. Vittime sono i profughi, i quali sono stati costretti alla fuga dopo essere stati testimoni inermi della distruzione dei loro beni. Vittime sono i bambini ed adolescenti, che rinchiusi nel silenzio percorrono le strade dell’esodo, facendo domande alla madre che li accompagna e ricevendo risposte che ben sanno non essere sincere. E poi cosa si potrà mai promettere o spiegare ad un bambino che fugge dalla guerra! Vittime sono gli anziani, sia quelli che rimangono ed attendono nella speranza di non morire, sia quelli che dopo aver percorso una parte dell’esodo si fermano perché non hanno la forza di procedere, lasciando andare i giovani che hanno maggiori risorse fisiche. Ma tutto questo non interessa a coloro che hanno reso questa guerra quasi un fatto personale, per cui bisogna andare avanti e non importa a quale prezzo, non importa con quante vittime o distruzioni.
Ancora una volta Papa Francesco ha invocato la pace e lo ha fatto con il vigore del pastore che ama il suo gregge, ma nulla è accaduto, perché la caparbietà non cede al bisogno di pace. Però noi dobbiamo continuare a credere e lottare per la pace. Le nostre armi sono la fede, l’accoglienza, la solidarietà, la vicinanza a quanti soffrono.
Il vangelo traccia il percorso della pace indicando l’accoglienza come uno dei momenti più significativi: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito”. E noi non abbiamo bisogno di domandare: Signore, quando ti abbiamo visto”. Noi vediamo ogni giorno questo popolo in esodo che va amato, ricordando quanto Gesù ha detto: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. L’accoglienza è l’affermazione della pace, perché cerca l’incontro con il buon Dio e lo riconosce nel profugo, fino ad amarlo e condurlo sulla via della speranza…