Riconoscimenti a catena - dal Governo moldavo, da quello italiano, dalla Cei e dalle Chiese di mezzo mondo, da enti e istituzioni di peso - e tanta solidarietà. Ma spesso solo a parole, gravide di buone intenzioni.
Intanto, scene come quella che ci è arrivata oggi in foto dalla Mensa “Papa Francesco” di Chisinau, si ripetono ogni giorno da sei mesi per tutto l’arco delle ventiquattr’ore.
“In coda con umiltà per un pezzo di pane, un pasto caldo ed una manciata di speranza - scrive don Cesare Lodeserto, missionario leccese a Chisinau, presidente della Fondazione Regina Pacis in Moldavia -. Questo è il popolo ucraino, il popolo dalla mano tesa, che ogni giorno chiede solo di poter ricevere quanto necessario per vivere. Dobbiamo essere accanto a questo popolo, amarlo, servirlo e non essere indifferenti”.
Alla guerra in Ucraina, nonostante sia una guerra ‘vicina’ all’Occidente più di quanto si potesse immaginare, invece, ci si comincia ad assuefare, le notizie arrivano sempre più lente e il pensiero si addormenta. Non certo ciò può permetterselo chi la guerra con le sue terribili conseguenze, ce l’ha quasi dentro casa. Giusto per fare un esempio che ci tocca da vicino: attualmente la Fondazione Regina Pacis, continua a tenere aperte tre strutture di accoglienza ed attraverso la Mensa “Papa Francesco” di Chisinau assiste ogni giorno trecento famiglie, per un totale di circa mille rifugiati.
“Mentre il conflitto si avvicina sempre più alla Moldova – commentava l’altro giorno don Cesare - l’accoglienza è per noi un impegno quotidiano da affrontare con carità ed attenzione. Non è assolutamente facile ed abbiamo anche bisogno di aiuti, che purtroppo sono diminuiti. Dobbiamo inoltre predisporre altri servizi: assistenza sociale, psicologica, sanitaria e per l’integrazione”. Ma fino a quando sarà possibile riuscire ad affrontare questa situazione se le risorse cominciano a scarseggiare?