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Dopo i giorni dell’ascolto e della riflessione comune, il giorno finale, quello della restituzione.

 

 

Ieri mattina i sacerdoti di Lecce si sono ritrovati per condividere il frutto dei cantieri che ogni giorno hanno fatto seguito alle riflessioni proposte dal prof. Riccardo Battocchio che li ha condotti per mano per diventare insieme artigiani di quella realtà di Chiesa, comunità sinodale, che Papa Francesco propone oggi per dare continuità e concretezza in questo cambiamento di epoca alla Chiesa, Corpo di Cristo, popolo di Dio, frutto della riflessione del Concilio Vaticano II.

Il frutto del lavoro di confronto e riflessione che il presbiterio di Lecce, diviso per vicarie, ha posto in essere è stato restituito alla grande assemblea presbiterale e, si spera, per essa a tutta la Chiesa di Lecce.

Dalle diverse relazioni è emerso in maniera trasversale lo spaccato di una comunità che nelle sue diverse esperienze di parrocchia ha sofferto e, ancora, soffre le conseguenze della pandemia e l’oggi del conflitto in atto. Tocca con mano le lacerazioni frutto di tutto quel seguito di disgregazione a livello comunitario e sociale che si esprime nel rifugio nel privato individuale e familiare e nella sfiducia nell’altro che sia esso il singolo o le diverse forme di comunità.

Si è avvertita chiaramente la convinzione condivisa del bastare a se stessi per cui si può fare a meno dell’altro, anche se l’altro si chiama Dio o Gesù Cristo. Si è percepita trasversalmente la perdita di quel senso di appartenenza a un corpo, a una realtà complessa ma anche ordinaria, quale può essere la Chiesa o la comunità parrocchiale, che sino a qualche tempo fa facevano parte dell’identità stessa della persona o della famiglia. In tal senso, anche per i presbiteri si è evidenziato il rischio di una esperienza sacerdotale che sia anche essa molto individualista, chiusa in se stessa, e, per questo, staccata talvolta anche dalla comunione con il vescovo e il resto del presbiterio.

Da qui è emersa a più voci la necessità di cogliere l’esperienza sinodale come “l’occasione”, il Kairòs, per ricomporre il tessuto ecclesiale in tutte le sue dimensioni, rifondandolo sull’essenziale necessità delle relazioni con Dio e con i fratelli, con il Dio di Gesù Cristo annunciato dalla Chiesa per mezzo del vangelo. E per noi presbiteri, con l’annuncio non del mio o suo vangelo, ma di quello che la Chiesa ha posto nelle nostre mani e di cui ci ha costituiti testimoni, se possibile, credibili. Un’appartenenza viva e attiva al tessuto ecclesiale che fa di noi presbiteri insieme al popolo di Dio, guidati dal vescovo, l’annuncio più credibile ed efficace, sacramento, del Regno di Dio che è casa accogliente dove tutti hanno titolo ad abitare e dove tutti si sperimentato fratelli perché figli.

Workings in progress, lavori in corso. È l’immagine che meglio di ogni altra può sintetizzare quanto è emerso dalla riflessione comune. È l’immagine che apre alla speranza che, anche se con fatica, con la necessaria programmazione e il dovuto metodo di lavoro pastorale, it's doable “si può fare”. Si può ricominciare insieme a costruire la Chiesa che sia presenza viva e significativa di Cristo per tutti, i fratelli e le sorelle che camminano insieme a noi.

 

 

 

 

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