“L’appello della Chiesa è quello di avere sempre un controllo della situazione e non lasciarsi coinvolgere in nulla che possa essere motivo per alimentare il conflitto o i conflitti interni”.
A parlare da Chişinău è don Cesare Lo Deserto, vicario generale della diocesi, in una giornata tra quelle ad altissima tensione su tutta la regione. “La Chiesa - aggiunge - è per la pace e incoraggia tutto ciò che si può fare perché la pace ci sia in Moldavia e in Ucraina. Il messaggio di Papa Francesco è chiaro ed è il solco sul quale noi camminiamo nella speranza che si arrivi ad una soluzione e anche ad una liberazione del territorio ucraino”. Riguardo poi al “nodo” Transnistria, osserva: “Ci vogliono soluzioni che valgano per tutta la storia. Ormai lo sappiamo: le mezze soluzioni o le soluzioni cosiddette ibride non hanno nessun valore, anzi sono pericolose”.
Don Cesare racconta il clima che si respira in queste ore nella capitale moldava. Il 13 febbraio, in un discorso alla Nazione, era stata la presidente della Moldavia, Maia Sandu, ad accusare Mosca di mettere in atto un’azione destabilizzante nel Paese attraverso l’azione di “sabotatori con formazione militare, camuffati in abiti civili” presenti nel Paese con l’obiettivo di “rovesciare l’ordine costituzionale e sostituire il potere legittimo di Chisinau con uno illegittimo”.
Le dichiarazioni di Sandu sono state categoricamente smentite da Mosca ma hanno provocato un picco di tensione in Moldavia e sui confini. Tanto che “l’altro giorno - racconta il missionario leccese - lo spazio aereo moldavo è stato violato da droni russi di spionaggio che sono stati intercettati a nord della Moldavia verso l’Ucraina. È stato intercettato anche un altro oggetto di verifica sempre del territorio. Ciò ha provocato un’immediata reazione in tutta l’area. La Nato ha attivato un servizio di controllo al confine della Romania e la presenza di questi droni ha costretto anche la Moldavia a chiudere più volte lo spazio aereo che poi è stato riaperto”.
“Credo - aggiunge don Cesare - che la Russia stia applicando una guerra psicologica che è quella di creare anche all’interno della popolazione stessa delle situazioni destabilizzanti. C’è una situazione generale non solo di grande disagio ma anche di difficoltà a capire cosa sta realmente accadendo. Tutto è da vedere. Certamente è un momento molto delicato, per l’Ucraina, la Moldavia, per tutta l’area”.
Secondo il presidente della Fondazione Regina Pacis, l’avvicinarsi della data del 24 febbraio, giorno in cui un anno fa ha avuto inizio l’invasione su vasta scala dei russi in Ucraina, non c’entra nulla con l’aggravarsi della tensione in tutta l’area a confine con il paese in guerra. “La Russia - dice - non ha interesse ad allargare il conflitto e continua ad affermare di non essere interessata direttamente alla Moldavia. Certamente, c’è sempre questa porta aperta della Transnistria che invece lascia pensare a qualcosa di diverso”. Entrare in Transnistria è un’operazione molto diversa per i russi rispetto ad entrare in Moldavia. “In Transnistria i russi sono attesi”, osserva don Cesare ma “la Moldavia considera quella regione come territorio proprio e quindi non so come valuterebbe un eventuale annessione della Transnistria alla Russia così come è avvenuta l’annessione di alcune regioni dell’Ucraina dalla Crimea al Donbass”.
È la popolazione come sempre a pagare le conseguenze di questo stato di allerta. Gli aeroporti in tilt, i controlli militari sul confine e tutta una serie di disagi continui sono un grande problema per la vita del Paese. “Si vive in questa incognita costante come se qualcosa dovesse avvenire da un momento all’altro ma non si sa cosa”, confida. “Poi alla fine basta un minimo incidente per scatenare un problema più grande”.