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“Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo”.

 

 

Mi pare che queste parole, tratte dal messaggio di Papa Francesco per la 57ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, siano un buon parametro, nel giorno del quinto anniversario della nascita alla luce del quale abbozzare un piccolo bilancio sui primi cinque anni (tutto ha avuto inizio l’8 settembre 2018 GUARDA) di quell’esperienza comunicativa, pastorale, missionaria della nostra diocesi, chiamata Portalecce.

Un bilancio che parte da una duplice prospettiva, di lettore e di collaboratore. Fin dal suo primo giorno online, infatti, ho preso l’abitudine di aprire ogni mattina Portalecce, accanto ad un quotidiano di informazione nazionale, uno di quella sportiva (siamo pur sempre italiani!), uno di quella locale. Il fatto che, stando ai dati sugli accessi e le visualizzazioni, diverse migliaia di persone abbiano preso la mia stessa abitudine è sicuramente un traguardo di cui si può gioire: Portalecce è entrato nella quotidianità di tanti lettori, divenendo una presenza significativa nella loro vita e nella vita della comunità civile.

E vi è entrato comunicando cordialmente, nell’accezione di cui si è detto in apertura. Il che non è scontato, neanche per un portale cattolico, se consideriamo che già vent’anni fa il Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali metteva in guardia dalla “proliferazione di siti web che si definiscono cattolici”, ma che sono in realtà impegnati a diffondere “interpretazioni dottrinali eccentriche, pratiche devozionali stravaganti e proclami ideologici che recano l'etichetta «cattolico»”. Anche nella comunicazione, dunque, a poco vale definirsi cattolici, se non si incarna poi nei contenuti quel desiderio di verità e di promozione del bene, e nella forma quello stile di ascolto e confronto, che deriviamo dal messaggio evangelico e proviamo a trasformare in pratica di vita.

Portalecce, come testata giornalistica, si è impegnata esattamente in questa missione, resa possibile grazie alla fatica e alla bellezza del servizio gratuito dei tanti collaboratori che la animano “dal basso”. Così, da cinque anni offre alle parrocchie, alle associazioni, ai singoli membri della comunità, uno spazio per raccontare esperienze e iniziative, perfino quelle più comuni e apparentemente più semplici. E al tempo stesso, grazie ad una presenza equilibrata sui social media, offre uno spazio per la condivisione di opinioni, per il dialogo sui temi complessi che l’attualità pone all’attenzione della comunità cristiana e civile, per la promozione di quella cultura cattolica che oggi fatica a trovare luoghi di espressione.

I commenti e le reazioni dei lettori agli articoli di Portalecce ci consegnano poi, molto spesso, uno spaccato profondo del sentire comune della nostra terra. Dicono di come alcune iniziative pastorali o sociali incontrino il favore della gente e altre richiedano, invece, più lunghi tempi di maturazione. Allo stesso modo, uno sguardo attento sugli articoli ci restituisce la percezione di come alcune realtà o attenzioni nella nostra diocesi fioriscano e altre siano tristemente isolate, lontane, se non addirittura assenti.

In altre parole, comunicando cordialmente ciò che la nostra terra e la nostra Chiesa diocesana sono, Portalecce rende anche evidente ciò che esse ancora non sono, quello su cui occorre insistere, investire, seminare, offrendo così strumenti e indicazioni utili agli operatori pastorali, laici e presbiteri, disposti a prestarvi un po’ di attenzione. Proprio nella maturazione di questa consapevolezza risiede, allora, il punto da cui partire per rispondere all’esigenza della Chiesa di Lecce di “uscire per strada”, vero obiettivo di tutti quelli che, a partire dall’arcivescovo Seccia, hanno immaginato, edificato, sostenuto questo progetto.

 

 

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