Si sono svolti nel pomeriggio di ieri, nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo in Trepuzzi, i funerali di don Antonio Pellegrino, deceduto nella mattinata sabato scorso. Ha presieduto la liturgia funebre l’arcivescovo Michele Seccia che ha pronunciato l’omelia che Portalecce pubblica integralmente.
Carissimi confratelli nel sacerdozio, sorelle e fratelli miei, anch’io, ai piedi del letto del caro don Antonio, ho fatto la stessa esperienza di Maria, la desolata e delle donne al Calvario.
Ho avuto dal Signore il “privilegio” di accompagnarlo nelle ultime ore della sua vita terrena, questo nostro padre, fratello, amico… mentre era “inchiodato” dalle sue ultime sofferenze fisiche.
In verità è lui che ha accompagnato me nella contemplazione del mistero della Croce. Non ho contemplato con lui la morte ma mi sono edificato nel contemplare con lui la vita vera, quella vita offerta per amore fino in fondo, fino all’ultimo.
Fino al dono orante: abbiamo pregato tanto insieme, io, don Antonio e i sacerdoti che sono venuti con me a casa sua e abbiamo pregato non per invocare la fine del dolore ma per offrire la fatica della sofferenza per la Chiesa, perché sia santa.
Abbiamo pregato per le vocazioni al sacerdozio: lo sapeva anche lui quanto bisogno ne abbiamo. E abbiamo pregato per i nostri sacerdoti. Per voi fratelli miei nel sacerdozio di Cristo. Vi ha amati tutti. Dal primo all’ultimo. Chi di voi non ha ricevuto da lui un incoraggiamento, un consiglio semplice ma efficace, una parola buona, un sorriso rassicurante…
Leggevo stamattina le parole di gratitudine che il nostro don Vincenzo Marinaci ha scritto per salutare don Antonio, suo grande amico: “l'amico - ha scritto don Vincenzo - è colui che va oltre ogni vincolo di sangue e tu, per noi, sei andato sempre oltre ogni misura di amore. Simpatico, generoso, empatico, allegro, geniale nel servizio alla Chiesa ed ai fratelli”.
Ho conosciuto, grazie a lui, nei suoi ultimi giorni, la gioia della sofferenza. È un ossimoro, è vero. Ma con don Antonio, eccezionale in tutto, c’era da aspettarselo. Soffriva, respirava a fatica e… cantava.
Ed io, mentre ammirato lo guardavo, ho pensato a Davide che dialogava con il Signore salmodiando. È così che don Antonio ha trascorso gli ultimi giorni: salmodiando con il Signore. Come ha fatto nel resto della sua vita: la sua poesia, dedicata alle più svariate vicende della vita, alle persone a lui più care, ai vescovi, ai sacerdoti soprattutto, altro non sono state che un canto di lode e di ringraziamento al suo Signore. Una preghiera continua.
Don Antonio ha cantato fino alla fine, sapendo che lì, a un passo dalla soglia del paradiso, avrebbe incontrato lo Sposo, l’avrebbe abbracciato e contemplato in eterno. Ecco, fratelli e sorelle, la gioia nella sofferenza. In questo - ma non solo in questo - don Antonio è stato un maestro.
Ai piedi di questo altare, in questa chiesa che egli ha visto nascere fin dalle sue fondamenta… che gli è costata tanti sacrifici personali che egli affrontava con il sorriso sulle labbra e con tanta fiducia nel Signore… In questa chiesa che è diventata la casa di questo quartiere che sessant’anni fa era ancora periferia e che con il suo lavoro e la sua testimonianza sacerdotale è diventata la casa di una comunità che prima di lui non c’era. Questa bella comunità egli oggi ci lascia come l’eredità più bella.
Siete voi, fratelli e sorelle di San Michele Arcangelo, l’eredità più bella di don Antonio. Quanti di voi sono stati battezzati da lui? A quanti di voi ha benedetto le nozze? E quanti vostri cari hanno ricevuto l’ultimo abbraccio terreno prima della pace eterna?
Ecco perché, voi comunità di San Michele Arcangelo, voi comunità di Trepuzzi, siete la splendida eredità che ci lascia don Antonio. Per don Emanuel, il vostro parroco, sarà un compito stimolante quello di continuare a prendersi cura di voi, delle vostre famiglie, dei vostri figli ma in don Antonio avrà sempre un esempio meraviglioso. La sua fedeltà al vangelo, l’amore per il Papa e per i suoi vescovi, per la Chiesa di Lecce e per tutta la Chiesa, la scelta della povertà e dei poveri trasformata in dono di sé… sono il manifesto di una vita sacerdotale pienamente vissuta con tutta la generosità che è possibile ad un uomo di Dio, che è vissuto e ci ha lasciati pregando.
Caro don Antonio,
fra pochi minuti dovremo salutarti per sempre. Ma non sarà un addio, perché – ne sono certo – tu non ci lasci soli. Ci porti con te al Signore. Ci affidiamo alle tue preghiere ora che sei in eterno con il tuo Signore e che per la prima volta celebrerai la Settimana Santa in paradiso. Gesù sulla Croce, affidò il discepolo che amava a Maria sua madre.
Anche tu, don Antonio, in questo giorno in cui ricordiamo l’Annunziata, anche se la festeggeremo il prossimo 8 aprile con l’ordinazione sacerdotale di don Gianmarco – “che bel passaggio di testimone”-, portaci con te e affidaci alla Madonna che tu tanto hai amato: la corona del rosario sul tuto letto di dolore è stata la più bella testimonianza di devozione e di amore alla Vergine, mamma dei sacerdoti.
Consegnaci tutti a Lei e vivi nella gioia degli angeli e dei santi sacerdoti di questa nostra Chiesa di Lecce che tu hai conosciuto e hai ammirato - da don Filippo Smaldone a don Ugo De Blasi, da don Nicola Riezzo, tuo professore a Molfetta fino a don Franco Lupo, poeta come te, fino al caro don Oronzo De Simone. Con il tuo arrivo in cielo, potremo vantarci di avere per noi, accanto al buon Pastore un nuovo angelo custode.
Grazie don Antonio, prega tanto per tutti noi. Così sia.