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Il 25 agosto, secondo giorno di festa, come vuole la tradizione, è il giorno del “ritorno” al luogo del martirio, presso il santuario di Sant’Oronzo fuori le mura, dove di buona mattina si è recato l’arcivescovo Michele Seccia per la celebrazione eucaristica sulla terra che ha visto il sangue dei martiri santi patroni.

 

 

“Ci ritroviamo anche quest’anno pellegrini in questo luogo santo - ha dichiarato all’inizio della celebrazione Seccia - perché ritornare, significa confermare la nostra fede, le nostre radici, la nostra identità e il nostro affidamento alla protezione di Sant’Oronzo che ormai è un tutt’uno con la storia della città di Lecce e della diocesi”.

La celebrazione è stata straordinariamente partecipata e orami, di anno in anno, è sempre più sentita da tutti i Leccesi e anche da qualche turista che visita incuriosito e ammirato uno dei luoghi più antichi della comunità leccese e che ha emozionato anche il vescovo stesso: “Vedo con gioia la vostra devozione e presenza numerosa, perché riconoscerci insieme in una devozione particolare che accompagna da secoli la nostra città e comunità significa conservare sempre viva, alimentante e feconda quella radice essenziale della nostra fede”.

La chiesa della “Capu te Santu Ronzu” come è popolarmente conosciuta e chiamata dai leccesi, o anche “Santu Ronzu te fore” sorge sul luogo dove la tradizione ha tramandato il punto dove Sant’Oronzo e San Giusto sono stati condotti dopo gli 11 giorni di prigionia per essere decapitati e dal quale, Oronzo, voltandosi un’ultima volta verso l’amata Lecce, dichiarò “Semper protexit et protegam”, Sempre ti ho protetta e ti proteggerò. Ecco, quindi, il luogo dove ha avuto radice e origine l’identità vera dei leccesi e di tutta la diocesi di cui Oronzo fu primo vescovo e che bagnò con il suo sangue, luogo in cui i leccesi si riconoscono nella fede e nella protezione, come ha dichiarato Seccia durante l’omelia affermando che: “La protezione del santo non si manifesta solo nei miracoli, ma nella concordia, nella operosità per la pace e per la giustizia sociale”. Un invito quindi, quella del diretto successore di Sant’Oronzo a operarsi per tutta la comunità sull’esempio e sull’intercessione dei santi patroni.

La chiesa che oggi si può ammirare in stile neoclassico risale agli inizi del secolo scorso, ma la tradizione vuole che già in epoca molto antica in questo luogo sorgesse una piccola cappella in ricordo del martirio e nel 1655 fu edificato un più grande edificio poi caduto in rovina e sostituito nel 1912 dall'attuale chiesa, voluta dall’allora vescovo Gennaro Trama.

“Questo per noi è il luogo della comunione vera con Dio attraverso i nostri santi patroni, affinché quell’amen che pronunciamo sia il sigillo che rimanga sempre nel vostro cuore dalla festa di quest’anno” ha dichiarato infine il vescovo “sia l’impegno che tutti ci prendiamo, che ci responsabilizza e di cui dobbiamo rendercene conto affinché quando verranno sparati gli ultimi fuochi d’artificio, terminata la festa, ci chiederemo cosa conserviamo nel nostro cuore? Cosa trasmetteremo ai nostri figli? Solo le giostre o anche il significato di una protezione dal Cielo di cui tutta l’umanità ha bisogno e di cui una comunità come la nostra sente interiormente come valore vero e autentico di modello per ogni cittadino?”.

 

Photogallery di Arturo Caprioli

 

 

 

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