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Anche la Chiesa di Lecce ha vissuto i suoi primi giorni di scuola. Con animo ben disposto, dopo il riposo estivo, l'arcivescovo Michele Seccia ha convocato il presbiterio leccese e i fedeli laici in vista del nuovo anno pastorale.

 

 

"Formarsi alla Speranza": è questo il tema che il presule ha voluto proporre ai suoi presbiteri e diaconi riuniti presso il centro pastorale "Giovanni Paolo II" nei giorni 27 e 28 agosto.

A dettare questa scelta è il cammino che la Chiesa universale si accinge a vivere con il Giubileo della Speranza e che è contenuto in nuce nella bolla "Spes non confundit" consegnata dal Papa alla comunità ecclesiale universale.

Dopo il caffè di rito e la recita dell'ora terza, nella giornata di martedì 27 agosto è toccato a don Maurizio Mirilli guidare l'uditorio alla scoperta della nobile arte del "sapersi prendere cura dei curanti".

Sacerdote salentino, nativo di Mesagne, è presbitero della Chiesa di Roma; dopo tanti anni di ministero in parrocchia sente l'esigenza di vivere in frontiera il suo ministero. Da qui la scelta della cappellania ospedaliera dell'Ospedale di "Tor Vergata" in una esperienza che lo vede dedicarsi ai curatori.

Partendo dal brano evangelico della guarigione della suocera di Pietro, don Mirilli ha solleticato nei presbiteri e diaconi presenti la tentazione a non guardare le proprie fragilità, quasi intenti a presentare una umanità perfetta, quella che la gente domanda al prete.

Da qui, dunque, il volere il prete non come una persona bensì come un soggetto chiamato a fornire delle prestazioni.

Ecco don Maurizio: "fratelli miei dobbiamo avere il coraggio di chiamare per nome la nostra febbre perché è il segno di un qualcosa che in noi non sta andando.  Solo se siamo in grado di guardarci in profondità e di nom aver timore del nostro limite potremo essere sacerdoti e, prima ancora, persone che sanno chiedere aiuto".

Il rimedio a questa provocazione è dato dal saper stabilire legami autentici, relazioni fraterne, che a livello sacerdotale o amicale consentano al presbitero di non disperare ma di trovare la soluzione al problema.

Ancora don Maurizio: "fratelli miei anche noi veniamo abitati dallo sconforto di una pesca sacerdotale a volte esigua o inesistente.  Il Signore ci invita a non scoraggiarci, a trovare delle soluzioni, a gettare la rete dalla parte opposta, certi che il raccolto, nel suo nome, sarà abbondante".

Osservato un congruo spazio di silenzio per invocare lo Spirito e lasciar vibrare ciò che era stato ascoltato, i presenti si sono divisi in gruppi da 6-7 persone cadauno che, guidati da un facilitatore, hanno condiviso le suggestioni provocate dal relatore elaborando alcune sfide aperte, proponendo alcune strade per attuare tali sfide e decifrando alcune buone pratiche legate alle sfide.

Ieri 28 è stata la volta di don Salvatore Vitiello con una relazione dal titolo "Etica e intelligenza artificiale". Teologo dogmatico, presbitero dell'arcidiocesi di Torino e docente presso l'Università cattolica del Sacro Cuore, Vitiello ha voluto guardare alla Chiesa che vive in un’epoca di progresso nel quale l'intelligenza artificiale è un bene indotto e non naturale.

Una Chiesa in grado di essere credibile è una Chiesa che sa custodire intatto il deposito della verità, una Chiesa capace di non snaturare se stessa ma sempre in grado di leggere i segni dei tempi.

Così Vitiello: "miei cari confratelli stiamo attenti al progresso sfrenato, quello che ci mette nelle condizioni di creare e di crearci a nostro piacimento, uso e consumo. Siamo invece parte di un cosmo voluto da Dio, di un universo nel quale essere segno della bontà divina, pur vedendo provocati a dover imparare a parlare i linguaggi della modernità ".

Nasce da questo smodato bisogno di progresso l'essere dell'uomo e anche del sacerdote un insieme di monadi, esseri singoli che non attingendo alla comunione-relazione vivono un ministero e un cristianesimo costruitosi da sé.

Ancora don Salvatore: "parlare di intelligenza artificiale, oggi per la Chiesa, è avere la capacità di fare incontrare più generazioni con lo sforzo di farle incontrare in quella esperienza pentecostale che è la comunione e comprensione dei linguaggi differenti con l'unico scopo di generare un servizio al Vangelo".

Anche in questa giornata, la seconda di lavoro, non è mancato il proficuo studio nei gruppi guidati dai facilitatori con l'intento di fornire proposte di riflessione per la chiesa particolare.

La mattinata si è conclusa con una appendice molto significativa in cappella: dopo la recita dell'Angelus l'arcivescovo Seccia ha ufficializzato la decisione di Papa Francesco di donare alla Chiesa di Lecce un arcivescovo coadiutore nella persona di mons. Angelo Raffaele Panzetta.

Con sentimenti di commozione e gratitudine i presenti si sono recati all'ingresso del Centro pastorale per condividere il pranzo, lieti di aver scritto un'altra bella pagina di vita diocesana.

 

Photogallery di Arturo Caprioli.

 

 

 

 

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