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Alfonso Sozy Carafa, Luigi Zola, Gennaro Trama, Alberto Costa, Giovan Battista Castromediano, Braccio Martello, Michele Mincuzzi, e l’elenco potrebbe ancora continuare.

 

I nomi forse nulla dicono eppure sono estremamente importanti per la storia sacra di Lecce e del suo territorio. Essi hanno in comune almeno due aspetti: furono, in diverse epoche, vescovi titolari della diocesi lupiense e sono sepolti - come prescrive il Rituale Romano per i papi, i vescovi residenziali, gli abati e i prelati nullius - nella cattedrale del capoluogo salentino.

Alle tombe di costoro, a breve e in attesa dell’espletamento delle ultime pratiche da parte della Curia diocesana e della Sovrintendenza di Lecce, Brindisi e Taranto, si aggiungerà anche il sepolcro dell’arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi: si tratta di un unico blocco scavato in marmo bianco di Carrara con cornici in marmo verde pregiato, progettato dall’ing. Tommaso Farenga e dalle architette Grazia Loiacono e Marilena Di Giorgio e realizzato dalla ditta Darmar di Carrara.

Le sue spoglie mortali - come da volontà testamentaria - verranno collocate nella grande cappella dedicata a San Filippo Neri, a sinistra dell’altare maggiore, esattamente di fronte al sepolcro del vescovo Zola. Non a caso, esigenze di vario genere, hanno suggerito ai progettisti - condividendone i principi con le autorità preposte - di riprenderne la forma e i dettagli e affidandosi alle migliori sensibilità attuali che consentono la perfetta integrazione con il contesto di pregio nel quale il sepolcro verrà collocato. Il sepolcro di Ruppi, infatti, non sarà collegato alle strutture murarie del duomo e sarà - a differenza di quello di Zola - totalmente distanziato dalle pareti della cappella che chiude la navata sinistra del duomo di Lecce.

E Portalecce - nel giorno del 31° anniversario della elevazione di mons. Ruppi ad arcivescovo metropolita di Lecce e nel suo caro ricordo - fa dono ai suoi lettori delle prime immagini del sepolcro pronto, giunte direttamente dal laboratorio di Carrara.

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Quella della sepoltura in una chiesa è un interessantissimo tema storico sia dal punto di vista religioso che artistico. Se così non fosse la storia dell’arte e dell’architettura sarebbero orfane di una loro componente importantissima e densa. Cosa sarebbe San Pietro senza le tombe dei papi? Cosa sarebbe la madre di tutte le chiese dell’orbe senza il messaggio artistico lasciato, ad esempio, da Gian Lorenzo Bernini e la tomba monumentale che l’artista realizzò per Papa Alessandro VII?

Un sepolcro, non è mai fine a se stesso nel senso che esso diventa l’espressione ultima di un rapporto umano e religioso, l’ultimo messaggio consegnato alla pietra e diretto alle generazioni future. In una cattedrale e più in generale nelle chiese, in quanto terra consacrata, hanno trovato sepoltura per molti secoli papi, vescovi, sovrani e anche semplici cittadini. Ciò almeno fino al celebre editto napoleonico di Saint Cloud del 12 giugno 1804 con il quale si vietavano le sepolture in chiese e si posero le basi per la nascita dei cimiteri fuori dalle città. Igiene pubblica la chiamarono all’epoca.

Fu una rivoluzione che da un lato fece rinascere in epoca moderna il tema della città dei morti ovvero il cimitero, lontano dai centri abitati, così come lo conosciamo oggi, dall’altro spezzò quell’intimo legame fra esseri umani ed edifici ecclesiastici di cui si è già accennato all’inizio.

Quella delle sepolture in chiesa era una questione tutt’altro che secondaria la quale ha avuto nel corso dei secoli una ricaduta architettonica significativa. Chi, ad esempio, ogni giorno sale i pochi gradini che separano il cortile del vescovado leccese dalla sua chiesa, probabilmente non sa che la cattedrale, nel suo attuale rifacimento barocco voluto dal vescovo Luigi Pappacoda e attuato dall’architetto Giuseppe Zimbalo a partire dal 1659, fu sollevata anche perché al disotto del pavimento attuale potessero essere collocati ambienti per ospitare i resti di chi si è addormentato nella fede di Cristo.

Nella gallery i sepolcri dei vescovi attualmente presenti nella cattedrale di Lecce.

 

 

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