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Carissimo don Giancarlo, mi unisco doverosamente e con gioia al coro festante di preghiere, di riflessioni e di auguri col quale la saggezza paterna del nostro eccellentissimo e amato arcivescovo mons. Michele Seccia ha voluto che la Chiesa di Lecce ringrazi il Signore nel 50º della tua ordinazione sacerdotale, avvenuta il 17 maggio 1970 per l'imposizione delle mani di un Papa santo, Paolo VI, significativamente nel 50º della sua ordinazione sacerdotale.

 

 

Sulla soglia ormai dei 90 anni, sono uno dei più anziani tuoi confratelli e amici, che anche da lontano non ti ha mai dimenticato, come anche tu - e ti ringrazio di cuore - non ti sei mai dimenticato di me.

Ti ho conosciuto sin dagli anni del seminario, ti ho sempre ammirato per i tuoi molteplici e impegnativi servizi sacerdotali alla nostra Chiesa di Lecce e soprattutto ai suoi cinque ultimi pastori: di alcuni come fedele segretario e di tutti come impareggiabile cerimoniere, il cui servizio tante volte hai donato anche a me, a cominciare dalla mia ordinazione episcopale.

Abbiamo vissuto in comune una arricchente esperienza sacerdotale: quella di segretari personali di mons. Francesco Minerva, vero maestro di vita spirituale, che ha forgiato la nostra giovinezza sacerdotale. Noi non lo abbiamo mai dimenticato, ma sempre ricordato e amato soprattutto quando non è stato più il nostro arcivescovo, perché i vescovi vanno amati soprattutto quando sono emeriti. Debbo confidarti che particolarmente per questa comune esperienza non mi sono dimenticato di te. È mia abitudine ricordare ogni giorno nella preghiera i miei predecessori e successori in ogni mio servizio sacerdotale.

Celebrare un giubileo sacerdotale significa rivivere il mistero dell'ordinazione, sorgente perenne e sempre viva del ministero singolare affidatoci da Gesù, unico nostro Maestro, Sacerdote e Pastore. Cinquanta anni fa Gesù, Maestro che ascolta e parla, ha posto sulle tue labbra la sua Parola: e tu l'hai annunziata con competenza e con gioia, in Chiesa e a scuola, nutrendotene tu per primo.

Sacerdote che celebra e prega, Gesù ha affidato sulle tue mani i tesori sacramentali della redenzione e della salvezza come la preghiera e l'azione liturgica, soprattutto quella Eucarestia, cuore della Chiesa e del sacerdote. Ed è a tutti noto il tuo amore per la liturgia e per le celebrazioni liturgiche delle quali sei un maestro che cura il decoro esterno come manifestazione della fede nel Mistero che si celebra e si rivive.

Pastore che ama, accompagna e guida il suo popolo, Gesù ti ha riversato nel cuore la sua carità pastorale, perché tu amassi i fratelli come lui li ama, con particolare attenzione agli ultimi, agli scartati della società con i quali ha voluto identificarsi.

Il tuo servizio a favore dei carcerati, le tante iniziative parrocchiali di assistenza, di aiuto, di solidarietà testimoniano questo tuo amore preferenziale, che è iscritto nel cuore stesso di Dio, datore di ogni bene. Lo ringrazio con te anzitutto per la grazia più grande che ti ha concesso, la fedeltà, un dono nel dono.

Le promesse fatte davanti a Dio tra le mani del Santo Papa Paolo VI ti hanno accompagnato in questi cinquanta anni di ministero, caratterizzato da una connotazione fondamentale della spiritualità sacerdotale, la comunione affettiva ed effettiva col proprio vescovo, fondamento e garanzia della comunione affettiva ed effettiva con i confratelli e con il popolo santo di Dio.

I vari riconoscimenti pontifici, i molteplici e importanti uffici esercitati nella Curia, nel Tribunale e nel seminario della nostra arcidiocesi, i compiti di docente e dirigente nelle scuole statali, e soprattutto la trentennale e feconda esperienza pastorale nella parrocchia di San Matteo sono la manifestazione più evidente della stima e della fiducia dei vescovi che hai servito, riflesso non debole della compiacenza del Signore, che ti ha scelto, ti ha chiamato, ti ha consacrato e ti ha mandato, per un segno misterioso del suo amore.

Penso che soprattutto in questi giorni risuoni con più insistenza nel tuo cuore il forte invito del salmista: “Benedici il Signore, anima mia; quanto è in me, benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, e non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli ti circonda di bontà e misericordia, si rinnova come aquila la tua giovinezza”.

Sì, carissimo don Giancarlo, col passare degli anni si rinnova come aquila la tua giovinezza sacerdotale nel cammino della santità e della missione, che ti auguro, con la protezione di Maria da te tanto amata, sempre più lungo, ricco di grazie e fecondo di frutti, sereno e rasserenante, santo e santificatore, per la maggior gloria di Dio e l'edificazione della nostra santa Chiesa di Lecce.

*arcivescovo emerito di Palermo

Con grande affetto fraterno.

 

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