Ieri, venerdì 19 giugno, solennità del Sacro Cuore di Gesù, il clero leccese ha vissuto la consueta giornata diocesana di santificazione sacerdotale.
L’evento, che dopo la veglia di Pentecoste, ha rivisto il presbiterio diocesano riunirsi con l’arcivescovo, si è tenuto presso la parrocchia San Giovanni Paolo II in Merine ed ha avuto inizio con la recita dell’Ora terza.
Seccia, nel breve pensiero omiletico ha voluto sottolineare la gioia immensa di una Chiesa diocesana che riprende con solerzia il proprio cammino di annuncio del vangelo, non mancando tuttavia di sollecitare la famiglia presbiterale ad uno stile audace e coraggioso: “il Signore, in questo momento storico dice a ciascuno di noi di fidarci di Lui, di non temere, ben consapevoli che la nostra identità di presbiteri, di consacrati, ci deve vedere dediti al servizio della comunità e mai mestieranti”.
Questo dato è riscontrabile solo se la preghiera anima ogni aspetto della vita del consacrato portandolo a sentire la passione per tutto ciò che è chiamato a compiere.
Continua il presule: “auguro a tutti che questo tempo così particolare sia stato un kairòs nel quale la gente di chiesa abbia potuto sentire l’attenzione dei pastori che si spendono perché tutti possano sperimentare la gioia che viene dalla consapevolezza di avere incontrato il Signore”.
Terminata la preghiera il vicario generale mons. Luigi Manca ha guidato un momento di condivisione fraterna con una MEDITAZIONE dal titolo: “Una vita cristiana distanziata dai sacramenti?”
Don Gigi non ha mancato di evidenziare la bellezza di una comunità ecclesiale che ha saputo mostrare la sua prossimità all’uomo, agendo con una vivacità caritativa che la rende segno dell’attenzione del Signore per ogni uomo.
Tuttavia sarebbe un errore soffermarsi su ciò che in questi mesi è mancato e che è stata la celebrazione dei sacramenti.
Scrive Manca: “ci si chiede se la finalità dell’agire della Chiesa è compromessa da questa inedita situazione, se le misure restrittive abbiano compromesso totalmente la vita sacramentale o se sia stato utile ritornare alla centralità della Parola di Dio da cui tutto promana”.
Da qui l’esigenza di una pastorale da ri-modulare, da concepire “secondo le direttive che questo tempo, che non abbiamo scelto, ci pone dinanzi, facendo risaltare la vitalità della fede cristiana che si è manifestata in tutta la sua carica evangelizzatrice anche quando non si disponeva di ciò che per noi era prioritario (la vita ecclesiale) ma solo delle piccole chiese domestiche”.
Ecco che è urgente in tal senso ripensare alla condizione del cristiano che è un viatores, e che secondo il vicario generale “è un chiamato a cercare il Signore per desiderarlo sempre di più: questo permette alla comunità ecclesiale di poter essere segno di Cristo nella storia e ai discepoli di recuperare sempre più la dimensione di ciò che in questo tempo di lockdown non si era mai perso e del quale si è amplificato il desiderio.
La chiusura della giornata è stata un trittico di avvenimenti: alcuni feedback dei presenti, la gratitudine dell’arcivescovo per l’operato dei suoi sacerdoti e la condivisione fraterna del pranzo hanno fatto calare il sipario su una giornata che è stata raggio di ciò che riecheggia nel vangelo di questa festa: “venite a me voi tutti stanchi e io vi ristorerò” (Mt 11,28).