Era l’8 marzo quando un decreto del presidente del consiglio dei ministri poneva l’Italia in una situazione di lockdown a motivo della pandemia dovuta al diffondersi crescente del contagio da Covid-19.
Da quel giorno, la comunità ecclesiale ha dovuto adottare varie modalità per cercare di sopperire alla mancanza fisica dei fedeli che a motivo delle direttive emanate sono stati costretti ad una assenza forzata dalle celebrazioni.
La Chiesa, pertanto, per due lunghi mesi si è riscoperta seminatrice speranza, ha alimentato coscienze, si è riproposta come madre attenta in grado di far udire al mondo la sua voce credibile che difende i diritti di quanti ad essa appartengono e in essa vivono il loro cammino incontro al Signore.
È così che dal 18 maggio, ciò che era nel cuore di tanti cristiani, ovvero il ritorno tra i banchi delle chiese, è divenuto realtà, seppur con numeri contingentati, con accortezze inerenti igienizzazione e sanificazione degli ambienti e financo le distanze fisiche da adottare per evitare ogni forma di assembramento.
Portalecce, dopo un mese di rodaggio ha voluto dare voce ad alcuni parroci che hanno condiviso sul nostro portale le loro impressioni circa il ritorno in del popolo di Dio.
Interessante la constatazione di mons. Piero Quarta, parroco di San Giovanni M. Vianney in Lecce che osserva: “la gente all’inizio con euforia e dopo con un tantino di prudenza-paura inizia a tornare in chiesa e questo ci spinge a notare che potrebbe essere necessario mettere in atto nuovi modi di intendere la pastorale, abbandonando schemi che ora più che mai risultano inadatti e impraticabili; anche le parrocchie dovranno rivedere gli spazi a disposizione che dovranno essere costruiti e condivisi con il numero più alto possibile di laici che non potranno più svolgere un servizio isolato ma coordinato ed inserito in un progetto più ampio, dal momento che ogni tipo di attività non può più prescindere dalla responsabilità dei singoli operatori pastorali”.
Tale apertura alla novità ha bisogno di uno sguardo attento del passato che, seppur in modo travagliato, ha insegnato tanto a tutta la chiesa.
Osserva don Damiano Madaro, parroco di Santa Rosa in Lecce: “anche se con la gioia nel cuore perché e nostre chiese riprendono a popolarti di volti, occorre non disperdere quanto questo tempo difficile ci ha insegnato, consegnandoci la capacità di apprezzare la Parola di Dio spezzata, il magistero del Papa e del nostro vescovo e così come altre modalità (invio tramite whatsApp di testi e altri strumenti meditativi ndr) che, opportunamente forniti ai nostri fedeli sono divenuti autentico nutrimento in una fase così faticosa della storia ecclesiale e sociale”.
C’è un dato che è incontrovertibile e che non si può non accettare ed è l’apprendimento di un nuovo stile di comportamento come denotato da don Alessandro Scevola, parroco della parrocchia Santa Famiglia in Trepuzzi: “in questo momento risulta un po' complicato parlare di strategie perché siamo tutti in attesa di capire quale sarà l'evoluzione della pandemia, dal momento che la nostra comunità vive un grande tempo di attesa e di perplessità al tempo stesso: attesa di un ritorno ad una normalità che ci consenta di vivere una ritualità più libera, senza il condizionamento dei dispositivi di sicurezza (mascherine e guanti ndr) che con l'aumentare delle temperature diventano sempre più fastidiosi, perplessità perché ancora si è coscienti che l'emergenza non è passata e che proprio in questi giorni di totale riapertura delle regioni bisogna tenere alta l'attenzione con atteggiamenti di maggiore prudenza”.
Non è pertanto un tempo arido, quello che è stato segnato da questo virus, ma tempo in cui Cristo ha comunque dato un messaggio alla sua chiesa.
Ne è consapevole don Francesco Morelli della comunità Maria SS. Addolorata in Lizzanello che dice: “la Chiesa ha dato testimonianza della propria maternità, nell’atteggiamento di cura dei tanti, attraverso l’esercizio della carità, il dono della Parola e la certezza di essere quella sentinella in grado di seminare speranza in un contesto in cui il rischio dello sconforto e della sfiducia era davvero notevole”.
Come popolo di Dio il cammino riprende con lo sguardo grato per ciò che è trascorso e con la fiducia nel cuore per quanto verrà e che sarà certamente la prosecuzione di quell’itinerario di discepolato che farà essere la chiesa più madre e più discepola.