Il 6 agosto 1950 veniva ordinato presbitero don Antonio Pellegrino. Di colui che per sette decenni, incessantemente, ha servito Dio, la Chiesa e la città di Trepuzzi, vogliamo ripercorrerne la storia.
Senza ombra di dubbio, è possibile affermare non vi sia trepuzzino che - almeno una volta – non sia entrato in contatto diretto, o per sentito dire, con la figura di don Antonio Pellegrino. È la vita di uomo che da figlio di un popolo è stato chiamato da Dio a diventarne padre. Tra qualche giorno egli taglierà il traguardo dei 70 anni di vita sacerdotale, e ringraziando Dio per aver donato a Trepuzzi e alla Chiesa leccese questa laboriosa e instancabile figura sacerdotale, ne tracciamo in questi giorni i suoi tratti biografici.
Don Antonio nasce a Trepuzzi il 16 luglio 1927, da Oronzo e Vincenza Caretto. Una data molto cara alla devozione del popolo cristiano: la memoria della Madonna del Carmine, e da questa circostanza felice don Antonio non ne porterà solo il nome (il suo nome completo è infatti Antonio Carmelo), ma un forte e sincero legame filiale con la Madre del cielo, che lo accompagnerà per tutta la vita.
La vocazione religiosa del piccolo è già predestinata: la madre, fin dalla giovane età, nutriva un forte desiderio di farsi religiosa nella Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori. Con l’accompagnamento spirituale del fondatore, il canonico Filippo Smaldone, ora elevato all’onore degli altari, scoprì che il progetto di Dio per lei non era la vita conventuale ma quella matrimoniale. Lo Smaldone però si rivolse a lei dicendo “Non tu, ma il frutto del tuo matrimonio offrirai al Signore”. I progetti del Signore non sempre seguono le aspettative umane, e nei primi mesi del 1929 egli chiamerà a sé la giovane mamma di don Antonio. Egli in una intervista biografica fatta dal diacono Antonio Tamiano, per anni suo collaboratore a San Michele Arcangelo, disse in proposito: “Avevo solo 21 mesi e la mia mamma 25 anni quando il Signore la portò al cielo. Ne ho sofferto l’assenza terrena nello spasimo del cuore, ma in contraccambio ho avuto la gioia e le grazie di sentire la sua forza sempre presente ed operante nella mia vita sacerdotale”.
Prima ancora di essere concepito, il progetto di Dio era chiaro. Questo si manifestò anche nell’infanzia di don Antonio, un bambino precocemente attirato dalle cose di lassù, tanto che all’età di nove anni, nel 1936, vinse il primo premio di un concorso per fanciulli indetto dall’Azione Cattolica Diocesana, ottenendo come premio un viaggio a Roma e la partecipazione ad un’udienza del Pontefice Pio XI.
Gli anni del seminario, sia in quello di Lecce che in quello di Molfetta, sono di particolare edificazione umana e sacerdotale per don Antonio: dei compagni e degli educatori, egli tuttora conserva nella sua mente fisionomia, voce, ammonimenti, consigli, incoraggiamenti, aiuti, esemplarità e dottrina, in particolar modo in lui resta vivo l’esempio ed il ricordo del suo rettore, don Corrado Ursi, che diventerà successivamente vescovo e poi arcivescovo di Napoli.