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Il 24 agosto, antivigilia della solennità del Santi Oronzo, Giusto e Fortunato, patroni di Lecce e della diocesi, in città è tradizionalmente il giorno della processione con i simulacri argentei e dell’atteso messaggio alla città.

 

 

Purtroppo l’emergenza pandemica oggi non consentirà alle statue di attraversare le vie del centro cittadino, privando la comunità di un rito atteso e sentito ma, Portalecce, utilizzando immagini di repertorio di Giacomo Madaro, grazie all’efficace montaggio di don Riccardo Calabrese, ci fa rivivere momenti emozionanti delle ultime due edizioni della processione leccese del 24 agosto.

Il commento musicale del VIDEO è affidato all’antico Inno “Ave Oronti” che le nuove generazioni conoscono a malapena. Ecco perché Portalecce, affinché la memoria continui a sopravvivere, ha chiesto al maestro don Biagio Mandorino, direttore del coro diocesano di Otranto, esperto di musica sacra antica e moderna, di riarrangiarlo per orchestra e di inciderlo affinché non vada perduto.

Cosciente che il vino vecchio ben conservato e servito è assai più pregiato del nuovo, il maestro Mandorino ha voluto, recuperando anche una strofa andata in disuso, riarrangiare e orchestrare quell’inno di cui non si sa molto se non la tradizione orale che lo ha fatto giungere fino a noi. Quell’inno, secondo don Biagio, potrebbe affondare le sue radici proprio agli inizi del culto a Lecce di Sant’Oronzo, quando fu elevato all’onore di patrono della città per averla salvata dai mali che incombevano su di essa. Al moltiplicarsi di chiese e cappelle e dipinti, e statue e orazioni non mancò sicuramente l’inno. Esso può essere stilisticamente catalogato al XVII sec.

Come in genere accade anche per altre simili circostanze del passato, alla gente non importa chi e come ha scritto l’inno (così accade anche nella tradizione gregoriana). Al popolo importa cantarlo a squarciagola perché esso rappresenta il primo e insostituibile momento di implorazione al santo chiamato in causa come protettore unico e insostituibile dopo Dio e la Vergine Maria. Per questo possiamo essere certi che quest’inno è stato coniato da subito assieme a tutti gli altri elementi liturgici e devozionali dedicati al santo.

“Ho letto e riletto questo inno - commenta don Biagio - e mi sono lasciato guidare emotivamente dalle note che accompagnano il testo. La melodia che ha il suo incipit come un gregoriano ‘Ubi Charitas’ riconosce che l’autore che musica non è uno sprovveduto e soprattutto non viene dall’ambito profano operistico. Chi scrive conosce e canta il gregoriano e coniuga bene alla musica il testo che non ne è un accessorio ma è messo in rilevo da essa”.

“Ho voluto esaltare quelle note - scrive Mandorino - attraverso un arrangiamento essenziale pur sinfonico. Gli strumenti fanno da corona come una bella cornice degna di un dipinto importante. Riprendere le sonorità barocche è come fare un tuffo nel passato, quando l’inno veniva intonato e cantato, chissà, con l’accompagnamento di orchestre di cappella”.

“Ma al di là di tutto - conclude il maestro - ho cercato di valorizzare nelle armonie un linguaggio estremamente attuale e descrittivo; ad esempio  ho aggiunto una campana che dà il rintocco della preghiera, il tamburo militare che racconta il martirio del santo, il suono dell’arpa per richiamare la dolcezza del volo di quel ‘come un uccello ci hai protetto sotto la tua ala’”.

Il lavoro del maestro Mandorino è stato impreziosito dal canto del maestro Francesco Venuti, giovane baritono salentino e del maestro Marco Marti.

Le note dell’Ave Oronti, rivisitato da don Biagio Mandorino, risuoneranno stasera in Piazza Duomo ma anche in diretta (inizio ore 20) su Portalecce e Telerama, al termine del messaggio dell’arcivescovo alla città e prima del rientro dei simulacri in duomo.

 

ave

                                                                                                                                                                                            *maestro di cappella della cattedrale di Lecce

 

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