L’anno scorso nella stessa occasione aprivo la mia breve riflessione di saluto a lei ecc.za rev.ma, con le parole dei padri della Chiesa: Ubi episcopus, ibi ecclesia.
Oggi mi viene spontaneo prolungare questa espressione: ubi episcopus ibi ecclesia, ubi ecclesia ibi spes. Dove è la Chiesa lì è anche la speranza.
Non è una verità teologica sancita dai concili, ma il cammino stesso della Chiesa. Per la Chiesa in cammino la speranza è l’ombra che l’accompagna sempre, non si stacca mai da essa. In questa celebrazione Lei consegnerà alla diocesi la sua seconda lettera pastorale: chi spera in Dio non resta deluso. L’attuale situazione di emergenza sanitaria ed economica, lo stato diffuso di preoccupazione e di paura fra la gente che rischia di cronicizzarsi, spingono la Chiesa a manifestare ancor più la ragione della sua esistenza e del suo operare: essere segno di qualcosa che trascende il mondo presente e la stessa chiesa terrena, essere segno di qualcosa che Dio ha impiantato nel grembo della storia e porterà a compimento: la vita nuova. L’oggi, con la sua precarietà, i suoi affanni, è come l’inverno. Ma il seme della speranza cristiana, impiantato nel grembo della storia, sfida il freddo e le intemperie e continua a crescere fino a produrre il suo frutto nella bella stagione.
Questa è la Chiesa, questa è la sua opera di pastore, padre carissimo, questa è l’opera di noi presbiteri, diaconi, consacrati, fedeli laici: seminare in autunno, presidiare il seme l’inverno, dissodare e irrigare il terreno. E intanto il seme cresce nelle viscere della terra. Cresce perché Dio fa crescere. Imitiamo il contadino quando depone il seme nel terreno. Lui aspetta lavorando fiducioso di raccogliere un giorno il frutto. Lui sa che il seme sta crescendo anche se non lo vede perché si fida della forza della natura.
Non a caso l’immagine dell’agricoltore, insieme a quella del pastore, sono molto familiari alla Bibbia e a Gesù in particolare. È la pastorale dell’essenziale, è la pastorale della speranza cristiana, non virtù statica ma virtù che opera, alla quale Lei, Padre carissimo, vuole introdurre, con amabilità ma anche senza alcun indugio, l’intera chiesa di Lecce. E lo fa con questa celebrazione dell’anniversario della nostra cattedrale, celebrazione che vede un numero ridotto di presbiteri e di fedeli a motivo delle precauzioni anticovid, ma non per questo una celebrazione meno solenne.
A noi qui presenti in cattedrale si uniranno tante altre persone grazie alla diretta prodotta da Portalecce e trasmessa in tv da Telerama.
Grazie padre arcivescovo, per il dono di questa sua seconda lettera pastorale, la cui agilità del formato e del contenuto facilita la lettura. Che il Signore lo conservi in buona salute e nella passione del ministero.
Foto di Arturo Caprioli