Un’amicizia lunghissima, quella fra don Franco Lupo e don Oronzo De Simone. Leccesi, pietre della storia leccese del Novecento. Don Oronzo era il confessore del famoso poeta e drammaturgo in vernacolo deceduto due giorni fa all’età di 94 anni.
La commozione non gli ha consentito di parlare, del fraterno amico durante la celebrazione del funerale, svoltasi l’altro giorno nella basilica di San Domenico Savio, nel capoluogo salentino. Poi il sacerdote novantunenne ha affidato i ricordi a carta e penna. «Mi si è chiesta una breve parola, non lunga come quella detta in cattedrale per il cinquantesimo del suo sacerdozio. Ora affido alla stampa questi tre miei ricordi» ha esordito don Oronzo.
E dunque la memoria che affonda in anni lontanissimi, in tempi molto diversi da quelli odierni: «Amico fin dall’infanzia, perché dirimpettaio, ancor prima degli anni di seminario. Si giocava a stacce sul terrazzo di casa mia». Il gioco ricordato dal prelato era simile a quello delle bocce, effettuato con pietre lisce e piatte che i concorrenti cercavano di affiancare il più possibile alla staccia che fungeva da boccino. Passatempi fai da te, altra epoca.
«Dopo lungo volgere d’anni - continua don Oronzo - dovevo contribuire con uno studio sulla Curia romana del dizionario canonico del defunto card. Pietro Palazzini: cedetti a don Franco la penna per la traduzione latina del mio testo giuridico. Sicuro com’era dei suoi “verba ad audiendum iucunda”, di ciceroniana memoria».
E infine: «Dentro e fuori il sacramento della settimanale riconciliazione sempre si anticipava questo giorno fatidico della divina misericordia per lui».