Quale può essere la differenza fra il cammino sinodale della Chiesa di Lecce rispetto ad altre realtà territoriali?
Dove andare? Quale direzione seguire?
La forte radice identitaria, legata ad un territorio ricco di storia e tradizioni, caratterizza la popolazione leccese, che ha saputo attraversare, superandoli, tempi di forte provocazione alla religiosità e fede locali.
Stiamo vivendo un periodo storico definito della ‘postmodernità’, nel quale la società rischia di perdere i suoi confini identitari e le sue certezze, a causa dell’inarrestabile processo di globalizzazione.
Una classificazione temporale della storia è inevitabilmente legata alla storia stessa, e la Chiesa di Lecce custodisce un patrimonio di memoria che, rendendola forte nella sua identità, le può permettere di realizzare un autentico passaggio generazionale.
La nostra identità è, per Locke, una dignità psicologica e morale che ci deriva dal portare la piena e consapevole memoria del nostro passato. E per raggiungere un buon rapporto con la propria e altrui identità è indispensabile riuscire a ‘dialogare’ correttamente con la memoria.
Già negli anni Ottanta Vernon Hamilton affermava che, sin da bambino, l’essere umano ha bisogno di immagazzinare in memoria le risposte e le conseguenze di determinate scelte. Solo in questo modo può operare poi scelte più equilibrate e ragionate evitando l’ansia di un agire senza coordinate.
Siamo oggi nella prima fase del cammino sinodale 2021/2023: quella dell’ascolto e della narrazione, che richiede di immergerci nella vita reale delle persone interpellandole sui loro bisogni e attese spirituali.
Il Salento ha sempre saputo accogliere ed integrare al suo interno coloro che arrivano da luoghi lontani, secondo il modello dell’identità più profonda del cristiano che è nell’unità e non nelle divisioni.
Ecco che narrarsi, nella Chiesa di Lecce, diventa fermento culturale e religioso anche di fronte alle grandi provocazioni del presente.