“La Chiesa senza i poveri non esiste: diventa un club, dove ci si parla addosso”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che concludendo la Prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia ha sottolineato la coincidenza con la Giornata mondiale dei poveri, che si celebrava ieri.
“Vogliamo esprimere la nostra gioia - ha detto - di fronte a un mondo con un sole che si oscura, con le stelle che cadono, di fronte a tante sofferenze, alla tragedia che si sta consumando e al dolore dei Paesi sconvolti dalla guerra: sono i nostri popoli, li sentiamo veramente nostri”. Il presidente della Cei ha sintetizzato il clima di questi tre giorni, e la direzione marcia verso la seconda Assemblea sinodale di marzo, con queste parole: “sobria ebbrezza”.
Sobrietà, ha spiegato, significa “avere tanta consapevolezza della nostra storia e della storia, senza protagonismo; significa sobrietà dall’amarezza che spesso spegne l’entusiasmo”.
“Non dobbiamo aver paura di essere contenti, di portare gioia e di rimetterla in circolo: non abbiamo capito tutto, ma non dobbiamo scrivere un’enciclopedia”, la spiegazione del significato di “ebbrezza”. “La Chiesa italiana, come ci ha chiesto Papa Francesco a Trieste, è chiamata ad essere madre tenera nella nostra attenzione e vicinanza ad un mondo di individualisti, dove conta solo ciò che faccio io e il ‘noi’ è relativo, cangiante, virtuale”. “Dobbiamo avere il culto dell”unità, del ‘noi’, il desiderio di costruire comunità in una società così individualista”, l’appello di Zuppi: “se non siamo famiglia, è difficile che riusciamo ad aiutare le famiglie”.
“Il Cammino di questi tre anni ci ha abituato a scrutare le pieghe della nostra storia, cogliendo con umiltà sia le ferite dentro e fuori la Chiesa, sia i raggi di speranza e di vita, che abitano il quotidiano delle case e delle strade e che spesso restano sepolti sotto la coltre delle cattive notizie”, ha aggiunto mons. Erio Castellucci, vicepresidente della Cei e presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, nel suo “rilancio finale”.
“Anche in questi giorni, ai nostri tavoli, abbiamo fatto circolare esperienze belle e positive, autentiche spie della crescita del Regno di Dio nel nostro tempo. Sono solo germogli, ma la sfida della ricezione sinodale sarà poi quella di sostenere questi stili perché diventino strutturali nelle nostre Chiese”, ha proseguito soffermandosi sui tre “stili” emersi nel cammino sinodale italiano: “lo stile dell’ascolto”, “dagli organismi di partecipazione alle riunioni degli operatori pastorali”; “lo stile del dialogo”, fatto anche di incontro con mondi non ecclesiali, come “le diverse povertà materiali, relazionali, spirituali; i mondi delle professioni e del lavoro, come artisti, imprenditori, agricoltori, giornalisti, docenti, operai”; “lo stile della partecipazione”, prima di tutto nella riattivazione dei consigli pastorali, “strumenti importanti” per la Chiesa in missione.