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Oggi è il giorno della prima Assemblea diocesana, tappa fondamentale dopo l’avvio della fase leccese del Sinodo della Chiesa universale, avvenuta in cattedrale lo scorso 17 ottobre durante la celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Michele Seccia.

 

 

 

In preparazione all’evento che oggi avrà inizio alle 16 nella chiesa parrocchiale di Santa Lucia in Lecce (diretta Fb su Portalecce) e che vedrà l’intervento di don Francesco Nigro, responsabile regionale dell’Ufficio catechistico di Puglia, Portalecce pubblica il contributo di Giuseppina Capozzi al fine di favorire, ancora una volta, la riflessione dei lettori sui temi del cammino sinodale.

 

Per Dario Vitali “l’ascolto di Dio, fino ad ascoltare con lui il clamore del popolo; ascolto del popolo, fino a respirare con esso la volontà a cui Dio ci chiama” è l’asse portante del Sinodo. Per giungere a questa svolta nella concezione del Sinodo, voluta fortemente da Papa Francesco, è necessario risalire al Concilio Vaticano II.

Sebbene nell’insegnamento del Concilio il concetto di sinodalità non sia espresso esplicitamente, è centrale nel rinnovamento da esso voluto: nei suoi testi utilizza la parola synodus proprio per indicare il Concilio in corso.

Con il Decreto Christus Dominus, e successivamente il motu proprio di Paolo VI Apostolica sollecitudo, si avvia il percorso sinodale dei vescovi.

E arriviamo all’Evangelii gaudium di Papa Francesco. Incentrato sull’ “annuncio del Vangelo nel mondo attuale” e nel solco tracciato dai suoi predecessori, si legge che la Chiesa “è ben più di un’organizzazione organica e gerarchica, poiché anzitutto è un popolo in cammino verso Dio” (EG, 111).

I Padri, prima ancora del Concilio Vaticano II, avevano chiarito come la Chiesa tutta, come genere umano creato e amato da Dio, procede nella tensione verso l’elezione universale, esercitando la sua missione evangelica.

Dio dona ai fedeli un istinto di fede, il sensus fidei, che li aiuta a comprendere ciò che viene direttamente da Lui. “La presenza dello Spirito concede ai cristiani una certa connaturalità con le realtà divine e una saggezza che permette loro di coglierle intuitivamente” (EG, 119).

Ma quella che rappresenta la novità più ‘rivoluzionaria’ del Vaticano II è l’impegno in prima persona dei laici! “L’apostolato dei laici…derivando dalla loro stessa vocazione cristiana, non può mai venir meno nella Chiesa” (Apostolicam Actuositatem, 1).

Per vocazione si intende qualsiasi propensione alla santificazione, nei termini della consacrazione o della collaborazione più esterna alla missione della Chiesa.

Dal greco καλέω (chiamare per nome), la vocazione è la percezione intuitiva e profonda di ciò che è bene ‘per me’. L’uomo, pur condizionato dalla sua corporeità, cultura, educazione, poiché è essere spirituale può distaccarsi da se stesso, essendo libero di determinare in qualsiasi momento la destinazione di sé. “Se qualcuno pensa di poter vivere senza condizionare la propria libertà, dovrà andarsene in un deserto e vivere da solo, e anche lì si vedrà condizionato dall’ambiente circostante, dalle sue passioni” (J. Escrivá, Incontro pubblico a Bell-lloc del Plà - Gerona, 24-XI-1972).

É naturale, quindi, per l’uomo trascendere se stesso per amare l’altro: è questo il fondamento della cristianità.        

Quando crede, il popolo di Dio, anche se non riesce sempre ad esprimere la sua fede, diventa il vero soggetto evangelizzatore che attraversa la storia umana.

Con questo spirito, la Chiesa di Dio in tutto il mondo è convocata in Sinodo ed è suddivisa in tre fasi tra ottobre 2021 e ottobre 2023: la prima sarà diocesana, la seconda continentale e la terza universale.

Il cammino “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” trova la sua radice etimologica nella parola greca synodos. Composta dalla preposizione syn e dal sostantivo hodos, indica il cammino che tutti i membri del popolo di Dio percorrono assieme.

Cammino sinodale, di conseguenza, come ricerca e discernimento della volontà di Dio. L’elemento nuovo di questo sinodo, quindi, è nel fatto che prende le mosse dal popolo di Dio. Partendo dall’ascolto del popolo, si prosegue ascoltando i pastori, per culminare nell’ascolto del vescovo di Roma.

L’essere umano è in crescita continua e i tempi moderni evidenziano una accelerazione imprevedibile di cambiamenti epocali. Ecco che la Tradizione, trasmessa da generazione in generazione, non può evitare la progressione dei tempi, dei linguaggi, della cultura.

La rigidità nel considerare le circostanze, per Francesco, “mortifica la makrothymía di Dio, cioè quella pazienza dello sguardo che si nutre di visioni profonde, visioni larghe, visioni lunghe”.

I grandi avvenimenti della storia interrompono la linearità della vita quotidiana, irrompendo nella successione degli eventi ordinari.

La pandemia mondiale del primo ventennio di questo XXI secolo ha creato un discrimine con tutto ciò che c’era prima, con quelle che consideravamo certezze acquisite o che erano già in crisi di contenuto e motivazione. Ha messo in discussione la nostra convinzione di dominare gli eventi: quello che viene definito ‘il regno dell’uomo’.

Il rischio di fare dei passi indietro nel cammino di crescita dell’umanesimo è sempre più concreto!

È urgente, per questo, individuare “gli elementi costitutivi di una nuova stabilità” dove, per nuova, si intende passato e presente nella prospettiva di un umanesimo integrale (Cfr. Benedetto XVI, La persona umana, cuore della pace, Messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale della Pace, Roma 1° gennaio 2007). La grammatica naturale dell’uomo, in cui è iscritta l’uguaglianza in dignità di tutte le persone umane, è presupposto ineludibile per la costruzione della pace interiore e sociale.

Sarà ‘la voce sottile del silenzio’, di cui parla Papa Francesco, a segnare un percorso di confronto, di accettazione del diverso e del fragile, ad allargare la missione cristiana oltre i confini e le gabbie che racchiudono ciascuno di noi.

Quello della fede è un dono che diventa responsabilità di donazione. La vocazione, cioè, è anche consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni, nel testimoniare con i fatti il sostegno concreto a chi più ne ha necessità.

Allora “l’obiettivo di questi processi partecipativi non sarà principalmente l’organizzazione ecclesiale, bensì il sogno missionario di arrivare a tutti” (EG, 31).

 

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