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Portalecce volentieri ripropone l’artico apparso ieri su “Nuovo Quotidiano di Puglia” a firma del vescovo di Ugento-Santa Maria di Leucamons. Vito Angiuli.

 

 

 

Per brevità e senza la pretesa di richiamare in modo esaustivo tutti i fatti e le cause che scatenarono il primo conflitto mondiale, riassumo gli eventi in modo sintetico e sommario.

La causa che procurò l’inizio della guerra (28 luglio 1914) fu l’attentato a Sarajevo. Intanto, si noti come certi luoghi ricorrono nella storia! Le cause vere, però, erano radicate nella conformazione sociale, politica ed economica dell’Europa. Dalla fine dell’800 agli inizi del ‘900, i Paesi europei avevano vissuto un periodo di benessere diffuso, grazie anche al progresso industriale e scientifico che aveva apportato numerosi comfort: l’elettricità, la radio, il cinema. Il tenore di vita raggiunto e la spensierata prosperità conquistata, anche per il consolidamento del dominio coloniale, portarono a denominare questo tempo con il termine francese “Belle Époque”.

La “corsa agli armamenti” era, però, il sintomo più evidente di una crisi politica che diventava sempre più grave. Si stabilirono così due alleanze: la “Triplice Intesa” tra Francia, Gran Bretagna e Russia sulla base di un accordo economico e militare e la “Triplice Alleanza” tra Italia, Germania e Impero Austro-Ungarico con un patto militare di tipo difensivo.

Considerando come vanno le cose nel mondo, è d’obbligo fare due considerazioni: la Russia viene considerata amica o nemica dell’Occidente a seconda dei tempi storici e della convenienza politica; il patto militare “difensivo” si trasformò poi in un patto militare “offensivo” tanto che l’Italia aderì alla “Triplice Intesa”. Quello che è certo è che per combattere la “grande guerra” furono mobilitati circa 70 milioni di uomini, dei quali oltre 9 milioni morirono sul campo di battaglia e 7 milioni furono le vittime civili.

In questo scenario, si colloca l’azione di Papa Benedetto XV. Fin dal 16 novembre 1915, egli aveva consentito di aggiungere temporaneamente nelle litanie lauretane l’invocazione alla Madonna con il titolo “Regina pacis”. Nel 1916, fece coniare una medaglia nella quale la Vergine Maria è rappresentata con in mano un ramoscello d'ulivo, mentre i cinque continenti implorano da lei il dono della pace.

Intanto, le illusioni sull’“eroica avventura” e sulla “guerra lampo” erano interamente svanite e si avvertiva che la vittoria non era a portata di mano per nessuno dei belligeranti. Questa realistica convinzione spinse Benedetto XV a stringere i tempi per tentare, attraverso la via diplomatica, una soluzione negoziata del conflitto con lettere confidenziali e con un’instancabile azione persuasiva nei confronti dei governi.

In prossimità del terzo anniversario dallo scoppio della guerra (28 luglio 2017), volendo far giungere un appassionato e realistico appello alla pace, il Papa lavorò alacremente alla stesura di una nota pontificia dal titolo “Lettera del Santo Padre Benedetto XV ai capi dei popoli belligeranti”, pubblicata il 1° agosto 1917. Nell tre parti di cui è composta, il Pontefice ricordò innanzitutto le iniziative intraprese dalla Santa Sede e gli appelli rimasti inascoltati per giungere al cessate il fuoco. Nella seconda parte, indicò le condizioni per una pace giusta e duratura. Concluse la terza parte confidando con viva e intensa speranza «di giungere quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale ogni giorno più apparisce inutile strage».

La nota pontificia suscitò molte perplessità e riserve. Una delle pochissime eccezioni, apertamente a favore della proposta pontificia, fu il discorso di Lord Braye alla Camera dei Lords: «Chiunque sia stato l’iniziatore e perciò il responsabile della guerra, quelli che la continuano hanno anch’essi la loro parte di responsabilità. Tutte le guerre, le cui ragioni potrebbero essere tolte da un arbitrato, sono delle pazzie criminali».

Lo storico italiano d’ispirazione cattolica, Arturo Carlo Jemolo, ricorda: «Quando Benedetto XV parlò […] di inutile strage, quali grida si levarono da tutto l’interventismo contro il pontefice disfattista! È triste, ma consola la parola di Benedetto XV, che di fronte a una guerra dove non sono di fronte concezioni universalistiche, né forme di civiltà, ma questioni di frontiera, affronta l’impopolarità e osa parlare di inutile strage»1. Anche per Norberto Bobbio quelle di Benedetto XV furono «le uniche parole di condanna assoluta della guerra che echeggiarono in Italia […] che, superando la tradizionale teoria della guerra giusta, la quale aveva permesso in passato di giustificare entrambi i belligeranti, entrambi li condannò, e respingendo la concezione etica della guerra chiamò la guerra qual essa era»2.

Il 5 maggio 1917, Benedetto XV ordinò ai vescovi di tutto il mondo di inserire in modo definitivo nelle litanie lauretane l’invocazione a Maria quale “Regina della pace”. Otto giorni dopo, 13 maggio 1917, la Madonna apparve a Fatima, alla Cova da Iria (conca della pace, culla della pace). L’11 novembre 1918, finì la prima guerra mondiale.

Ai tre pastorelli, la Madonna aveva indicato gli strumenti per ottenere la pace: il rosario, la penitenza, la conversione. Inoltre, aggiunse che, se il mondo non si fosse convertito, sarebbe scoppiato un secondo conflitto più grave del primo e, se avesse persistito nel male, sarebbe avvenuta una nuova guerra, quella che Papa Francesco ora chiama la “terza guerra mondiale a pezzi”. Lo scorso 25 marzo 2022, il Pontefice ha consacrato l’Ucraina e la Russia al cuore immacolato di Maria. Quante altre persone dovranno morire prima che si arrivi al cessate il fuoco, al negoziato e alla stipulazione della pace?

1A. C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Einaudi, Torino 1948, pp. 568 e 600-601.

 

2N. Bobbio, Profilo ideologico del Novecento, Einaudi, Torino, 1986 p. 109.

 

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