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Un lungo pomeriggio a discutere con giovani e adulti delle scuole di politica di Cercasi un fine, Cassano delle Murge, sull’eticità del voto costituisce una di quelle esperienze che rincuorano, anche se aprono uno spaccato più profondo sugli interrogativi di chi responsabilmente si appresta a votare il 25 settembre.

 

 

Certo il primo scoglio è quello della tentazione di non votare perché delusi, scoraggiati, impotenti davanti a scenari nazionali determinati spesso da alcuni politici miopi o cinici e davanti a scenari internazionali segnati da giochi di potere, per lo più economici, che ammazzano persone o li fanno cadere nel baratro della crisi economica o li riducono a “scarti”, come direbbe Papa Francesco.

Cosa ho imparato da questo lungo e appassionato confronto? Prima di tutto che il senso di impotenza è alle stelle per due motivi: 1. Andiamo a votare, di nuovo, pacchetti già confezionati dai segretari di partito, nel contesto di un’ignobile legge elettorale. 2. Andiamo a votare una classe dirigente sempre più scadente moralmente e professionalmente, fatte salve le rare e nobili eccezioni. Mi chiedo - lo chiedo espressamente ai costituzionalisti - cosa si può fare, in termini di iniziativa popolare, per riformare la legge elettorale? Visto che forse il 90% dei politici in carica non ha fatto niente e non farà niente per riformarla perché gli fa comodo il sistema partitocratico e oligarchico vigente.

Ma votare è un diritto-dovere civile (Costituzione art. 48) e cristiano (GS, 75). Superato questo scoglio, e aiutando a superarlo quelli che intendono non andare a votare, si pone un problema più cruciale: quando il mio voto è etico? Quando è coerente col credo civile di cittadino maturo (o di un cattolico, nel caso)?

Dalla discussione avuta insieme ho tratto conferma su alcuni capisaldi, che esprimo sinteticamente. Il voto eticamente connotato è un voto:

Libero: significa voto un candidato, partito o schieramento perché convinto non perché imbonito, rincretinito dai social e dalla propaganda; voto perché ho studiato e approfondito programmi e candidati, da solo e in gruppi ristretti e intimi; voto per esprimere al meglio la mia coscienza e il mio progetto sociopolitico; voto per trasferire la mia quota di “sovranità” in vista di beni personali e pubblici sempre crescenti.

Personale: il voto entra in una dinamica di relazione tra me e il candidato. Certo il voto politico, per la malsana legge elettorale, frustra e limita la mia eticità. Nelle comunali e regionali ciò non succede perché sono pienamente libero di scegliere sindaco o presidente e relativi consiglieri, adottando i criteri qui esposti. Tuttavia, anche con queste difficoltà, che “costringono”, in alcuni casi l’elettore ad accontentarsi purtroppo del candidato “meno peggio”, non salta l’elemento relazionale. Io posso e devo votare solo quei candidati che hanno requisiti sufficienti di maturità personale, coerenza morale e capacità tecnico-professionali. Senza questi requisiti del candidato il voto è eticamente inaccettabile. Al discernimento sul candidato, va aggiunto, quasi in sinossi, quello sul partito o schieramento con parametri quasi simili, che riguardano valutazioni su programmi, leader e storia recente. Certo, una miriade di domande si porrebbero, ora, nel prosieguo di questo discorso. Ma ci manca lo spazio per affrontarli!

 

Mi preme sottolineare, in questa brevissima sintesi dell’incontro, come le discussioni elettorali spesso si arenano non perché incapaci di identificare l’autentico voto con scienza e coscienza, ma perché noi tutti, chi più, chi meno, veniamo da contesti con insufficiente energia morale. Ma cos’è questa energia morale? È l’insieme dei principi morali creduti e attuati all’interno di un’istituzione - politica, sociale, economica, culturale, religiosa ecc. - e nel rapporto che essa instaura con l’ambiente circostante (Mary Douglas). Ovviamente le idee, le emozioni, i principi etici sono personali, ma esse le acquisiamo anche per mezzo delle istituzioni e dei gruppi in cui viviamo: la famiglia in primis, ma anche la scuola e l’università, l’ambiente lavorativo, la politica, la comunità di fede religiosa e le altre istituzioni a cui partecipiamo. La politica - o un’altra istituzione sociale o religiosa - sarà coerente a quanto stabilito, nella misura in cui si svilupperà l’energia morale adeguata, cioè nella misura in cui si creeranno le situazioni perché tutti siano capaci di pensare e agire secondo le finalità etiche e pratiche dell’istituzione. L’energia morale è come la linfa di una pianta o il sangue di un corpo. Se non c’è l’organismo muore. Molta politica, molti politici sono morti perché non hanno più linfa, più sangue. Questa politica e questa gente non potrà mai essere degna del voto di gente matura, proba, preparata e autenticamente innamorata del proprio Paese.

*Presbitero della diocesi di Bari, ordinario di filosofia politica nella facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana di Roma

 

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