Tempo sospeso e dilatato. Ma, facilitata la riflessione profonda con ritmi più lenti nell’organizzazione delle giornate e scomparsa la partecipazione tante volte abitudinaria alle liturgie, molta parte del corpo sociale ha intercettato spontaneamente il bisogno di spiritualità.
Si ravviva la domanda d’incontrare il Signore, si sperimentano la vicinanza profonda del Crocifisso e la volontà d’innalzare a lui il grido di dolore scaturito dal profondo del cuore, invocando la salvezza. Con la stessa implorazione dei discepoli, smarriti, impauriti, tentati dall’angoscia, per la barca che sembra affondare.
È il momento della preghiera d’intercessione, unitamente alla comunità che attraverso i mass media si dilata, facendo ravvivare in molti sopiti rapporti con il Signore.
Addirittura drammatico tempo proficuo per ripensare al rapporto con Dio, riscoprendone la presenza o, profittando del silenzio e della quiete, per intrattenersi più intensamente con Lui.
“E tornare - ha detto Papa Francesco - al primo incontro a Gesù che mi fa capire qual era la strada del Vangelo e non altre strade un po’ mondane, con altri valori e invocare: Signore resta con noi, Signore resta con me, Signore resta con tutti noi, perché abbiamo bisogno di Te per ritrovare la via”.
Nell’amaro deserto dell’epidemia, la preghiera diventa vita, relazione di fede, esperienza di amore accolto e ricambiato. E, quindi, ritorno all’essenziale, breccia di speranza. Come mons. Seccia continua a riproporci…