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È il momento in cui abbiamo particolare bisogno di “sognare”, ma “i sogni si costruiscono insieme”, sostiene Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti. Altrimenti, ammonisce, “da soli si rischia di avere dei miraggi”. (n. 6)

 

 

Occorre, infatti, prendere atto che vi sono nuove forme di “colonizzazione culturale”, che spogliano delle loro identità singoli individui ed intere popolazioni, mortificando coloro che possono essere individuati come “scarti” dei potenti.

Francesco usa parole molto incisive per focalizzare l’attenzione del mondo in difesa delle tante vittime procurate dalle varie forme di egoismo, chiedendo che le varie istituzioni e gli Stati s’impegnino con nuovo vigore sia a favore delle persone fragili sia del bene comune, cioè del bene di tutti, proprio di tutti.

Questioni che, egli stesso riconosce, ha frequentemente proposto alla pubblica attenzione: “Sono sempre state tra le mie preoccupazioni”, ha precisato. (n.6)

Basti ricordare che il 3 ottobre 2018 aprì il Sinodo mondiale con un’omelia ai giovani basata tutta sui termini “sognare e sperare” e che il 7 maggio dell’anno scorso, ancora rivolto ai giovani, formulò loro questo invito: “Siate gli scalpellini dei vostri sogni”.

E, ancora, che il libro pubblicato lo scorso 1° dicembre, ormai evento editoriale dell’anno, ha come titolo Ritorniamo a sognare, con chiaro riferimento ai versi del cubano Alezis Valdes. Un testo che Avvenire, lo scorso 23 novembre ha presentato come “Il sogno possibile di Papa Francesco per il post-Covid”.

Addirittura, riferendosi al futuro dell’umanità nel post-pandemia, il Papa fa rifermento ai sogni di Dio nei confronti dell’umanità: “Quando passerà la tempesta ti chiedo, Dio, con vergogna, di rifarci migliori, come ci avevi sognati”.

Tutti noi, “in questo tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità”, incoraggia poi Francesco.

Naturalmente, sognare per il Papa non è un semplice fantasticare e illudersi su progetti irrealizzabili o vagheggiare con la fantasia i propri desideri, svincolati dalla realtà sulla base di vane e inutili speranze.

Perché egli, oltre a criticare e denunziare l’economia del profitto e la “colonizzazione culturale”, prospetta Stati orientati verso la persona fragile e domanda ai battezzati di collaborare attivamente alla creazione di Dio come “cocreatori”.

Nella certezza che vale pure oggi, per noi, l’invito rivolto da Dio al profeta Isaia: “Vieni e discutiamo. Mettiamoci a sognare”.

 

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