Dopo gli eventi in America, si è aperto un dibattito sul potere dei social media, non solo per la libertà di espressione ma anche per le conseguenze di questa libertà, che hanno portato all'incitamento, e di conseguenza all'assalto al palazzo del parlamento in America.
È necessario comprendere che la libertà di espressione, ha le sue conseguenze anche da un punto di vista deontologico.
Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook ha detto, in un’intervista a Fox: “Credo fortemente che Facebook non debba essere l’arbitro della verità di tutto ciò che la gente dice online. Le società private, specialmente queste piattaforme, probabilmente non dovrebbero essere nella posizione di farlo”.
Twitter, invece ha bloccato l'account di Donald Trump. Eppure Facebook blocca continuamente gli account di freelance che cercano di documentare ciò che accade in Siria. Due pesi e due misure?
Twitter e Facebook sono molto distanti anche in merito ai messaggi pubblicitari di carattere politico. Twitter ha fermato qualsiasi comunicazione di argomento politico a pagamento, mentre Facebook, ha deciso che è possibile comprare inserzioni politiche liberamente.
Bisogna considerare che i social network sono società private, ma che offrono dei servizi di comunicazione al pubblico e anche di informazione.
Va sottolineato che hanno un grande impatto sull' opinione pubblica e sui comportamenti.
Offrono, la possibilità a chi si iscrive, di avere uno spazio per condividere i propri pensieri, che però non è uno spazio limitato, ma sconfinati nel mondo del web.
È certamente richiesto di fare una scelta obiettiva per il bene comune, per garantire la possibilità di parola, ma per evitare anche, nel frattempo che ci siano dei post che istighino alla violenza, sia essa politica, razziale, o religiosa.
Scegliere di non scegliere come fa Zuckerberg è una scelta. Scegliere di segnalare e chiudere, come fa Twitter, è una scelta.
È assolutamente necessario, un monitoraggio più attento dei contenuti presenti sulle piattaforme per quanto riguarda materiale controverso e fake news. Segnalare, bloccare dunque non è impedimento della libertà d’espressione né censura.
I social network potrebbero essere ritenuti responsabili davanti alla legge.
La libertà d’espressione impugnata, ultimamente, in questo dibattito, serve a far passare l’idea che le menzogne e l’odio razziale, una volta assunte come libere opinioni, non possano essere intaccate. Che chi si indigna è un censore.
In Polonia negli ultimi mesi, social network che censurano contenuti legali. Nel caso in cui vengano rimossi contenuti o bloccati account che non violano la legge polacca, i gestori dei social network potranno ricevere multe fino a 8 milioni di zloty (circa 1,8 milioni di euro). Sarà istituito un tribunale speciale per la protezione della libertà di espressione, presso il quale gli utenti censurati potranno presentare reclamo chiedendo il ripristino dei proprio post o del proprio account. Il tribunale esaminerà il ricorso e risponderà entro sette giorni. Qualora il responso sia favorevole all’utente, la piattaforma social sarà obbligata a ripristinare i contenuti ingiustamente censurati per non subire sanzioni. L’intero procedimento avverrà online.
La Polonia ha fatto un passo in avanti.
Si rende necessario, trovare un equilibrio che tuteli anche il ruolo innovativo dell’informazione digitale. Imporre una regolamentazione ai social corrisponde alla tutela della società senza sfociare nel soffocamento della libertà di espressione.