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Con il “mandato esplorativo” a Roberto Fico la crisi di governo ha preso una piega ben definita.

 

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L’esito positivo del percorso è ovviamente tutto da verificare - e verificarne la “concreta praticabilità” è proprio il compito del presidente della Camera - ma le consultazioni hanno fatto emergere “la prospettiva di una maggioranza politica, composta a partire dai gruppi che sostenevano il governo precedente”, come ha detto esplicitamente lo stesso capo dello Stato, Sergio Mattarella.

È il motivo, del tutto evidente, per cui l’esplorazione non è stata affidata alla presidente del Senato, come polemicamente reclamato dall’opposizione. Del resto, quando nacque il governo giallo-verde nel 2018, Sergio Mattarella affidò proprio alla forzista Maria Elisabetta Alberti Casellati una prima verifica sul fronte del centro-destra, che si era presentato agli elettori come coalizione, e successivamente incaricò il grillino Fico di approfondire le intenzioni dei partiti sul versante opposto. Le due esplorazioni ebbero esito negativo e al termine di un lungo iter si arrivò, grazie a un memorabile esercizio di “pazienza istituzionale” da parte del Colle, all’esecutivo M5S-Lega. Questo, per la storia.

Il passaggio è molto delicato innanzitutto per la drammaticità della situazione sociale in cui si colloca e poi, a livello politico, per le ripercussioni delle scelte compiute o da compiere all’interno degli stessi partiti che saranno interessati dai colloqui di Fico. Si tratta di capire se, superati i veti nei confronti di Italia Viva da parte delle altre forze della coalizione, sarà rimosso anche il veto sostanziale di Matteo Renzi nei confronti di Giuseppe Conte.

Perché – anche se dal punto di vista teorico nulla impedisce l’incarico a un diverso esponente politico che quindi resta comunque un’ipotesi sul campo – appare al momento poco realistico immaginare una riedizione della stessa maggioranza con un altro premier, magari dopo una serie di estenuanti tentativi affidati a varie personalità.

Di sicuro il Quirinale ha bocciato la suggestione, che si era riaffacciata, di riprovare la conta in Parlamento senza un accordo politico: un tentativo è stato fatto, era un’opzione che il presidente del Consiglio in carica aveva nella sua autonoma disponibilità, ma l’operazione è fallita e sarebbe da irresponsabili azzardare un bis.

Il Paese, infatti, ha bisogno di avere “presto” un governo “con adeguato sostegno parlamentare”, ha puntualizzato Mattarella, sottolineando con forza le tre emergenze - sanitaria, sociale ed economica - che hanno investito il Paese e che richiedono “immediati provvedimenti” dell’esecutivo. Sostegno parlamentare che semmai potrebbe essere allargato (a questo sembra alludere l’espressione “a partire” dai gruppi che appoggiavano il governo dimissionario) e che comunque deve assicurare un governo all’altezza delle tre emergenze e della collocazione dell’Italia nella Ue.

Nella dichiarazione al termine delle consultazioni il capo dello Stato non ha mancato di ricordare le “grandi risorse predisposte dall’Unione europea” e la necessità di un loro utilizzo “rapido ed efficace”.

È questa la questione fondamentale che spiega molto dei processi politici in atto e degli schieramenti possibili e auspicabili.

 

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