"Cerchiamo di educare i nostri figli ad amare, non a possedere”. Sono le parole di Giuseppina Cursano, presidente della commissione per le pari opportunità del comune di Minervino di Lecce.
Di professione infermiera, è stata la prima a prestare i soccorsi a Sonia Di Maggio, la ragazza accoltellata a morte nel piccolo borgo di Specchia Gallone.
Questo ennesimo episodio ci dimostra che non bastano le fiaccolate, le panchine e le scarpette rosse, tutte lodevoli iniziative volte alla sensibilizzazione. La violenza sulle donne ha ormai raggiunto livelli d'allarme: ogni 72 ore in Italia una donna viene uccisa da una persona di sua conoscenza, solitamente il suo partner; 3 femminicidi su quattro avvengono in casa; il 63% degli stupri è commesso da un partner o ex partner.
La violenza, non ha passaporto né classe sociale, ma spesso ha le chiavi di casa e si ripete nei tribunali e nelle istituzioni.
Insomma può essere utile fino a un certo punto proteggere donne e bambini dalle violenze dei maschi, se il maschio non fa nulla per affrontare il suo problema. Bisogna fare tesoro delle analisi e dei risultati di chi ha cominciato a interrogarsi sul metodo oltre che sul merito della questione, e ha elaborato per esempio i programmi di training in Scozia (il programma Change) e in Catalogna (il programma Contexto). Un programma che prevede di aiutare gli uomini ad affrontare il loro problema, esattamente come l'alcolismo, la tossicodipendenza o il gioco compulsivo.
E bisogna educare! il punto di partenza è educare i figli maschi al rispetto.
Non idealizzando la donna, né tantomeno di considerarla un oggetto.
Il rispetto va insegnato in casa, a scuola, in oratorio, costantemente. Bisogna cercare di fare immedesimare i nostri piccoli, fin da bambini nei panni di chi soffre ed è vittima di angherie.
A scuola, agli adolescenti, facciamo immaginare, semplicemente, come possa essere la giornata di una donna, anche nelle più semplici attività quotidiane. Non solo: questi insegnamenti vanno dati con l'esempio, mostrandosi (nel caso dei papà) inclini al dialogo e alla dolcezza nei confronti di compagne, figlie o qualsiasi donna.
È fondamentale "combattere gli stereotipi" e incoraggiare, e non inibire, le reazioni emotive anche nei maschietti, mostrando loro che non è nulla di cui ci si debba mai vergognare.
Gli stereotipi iniziano quando in culla si dice che la bambina è bella, il maschietto forte.
L'esercizio della cooperazione , della condivisione, l'abitudine all'ascolto partecipe, al rispetto, pervengono la discriminazione e favoriscono la capacità di stare un in una relazione, in cui la forza personale, non si traduce e non si esprime nel dominio sull'altro.
Prevediamo percorsi laboratoriali, esperienziali, formativi ed educativi. L'educazione alle differenze sia progettata in rete, in collaborazione con gli organi di polizia, ci siano anche educatori uomini, per parlare nel linguaggio giusto, di abusi, prepotenze di come si gestiscono i conflitti.
È necessario imparare a riconoscere i comportamenti errati, anche dei libri dei giornali e dei programmi tv.