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“Questo è ciò che vi ho sempre ripetuto, fino alla noia: il Verbo si fa carne, perché ogni carne sia a servizio del Verbo”.

 

 

“E oggi vi aggiungo: ciò avviene nello Spirito Santo, perché solo lo Spirito di Dio permette all’uomo di riconoscere il proprio sentirsi figlio del Padre, pensato, voluto, amato, scelto, fin dall’eternità: ‘Ti ho amato di amore eterno e per questo continuo ad esserti fedele’, proclama Dio in Geremia (Ger 31,3)”. È uno dei passaggi centrali dell’omelia (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) pronunciata dall’arcivescovo Michele Seccia durante la Veglia di Pentecoste in una cattedrale di Lecce, gremita come nelle grandi occasioni.

“Il cuore di Maria e degli Apostoli in quei momenti - ha proseguito Seccia - è proteso verso la sua venuta, in un alternarsi di fede ardente e di confessione dell’insufficienza umana. Gli Apostoli sanno che ardua è l’opera affidata loro da Cristo, ma decisiva per la storia della salvezza dell’umanità. Il Signore rassicura i loro cuori. In ogni passo della missione che li porterà ad annunciare ed a testimoniare il Vangelo sino ai punti più remoti del globo, potranno contare sullo Spirito promesso da Cristo. Gli Apostoli, ricordando la promessa di Cristo, nei giorni che vanno dall’Ascensione alla Pentecoste concentreranno ogni pensiero e sentimento su quel Vieni! Veni, Sancte Spiritus! Iniziando così la sua invocazione allo Spirito Santo, la Chiesa fa proprio il contenuto della preghiera degli Apostoli raccolti con Maria nel Cenacolo; anzi, la prolunga nella storia e la rende sempre attuale”.

Durante la Veglia l’arcivescovo ha ordinato diaconi permanenti Maurizio Giancane, Vinicio Russo e Pierpaolo Signore. Ai tre nuovi diaconi, proseguendo l’omelia, ha detto: “Come i servi al banchetto di Cana di Galilea, i diaconi raccolgono l’indicazione di Maria: ‘qualsiasi cosa vi dica, fatela!’ (Gv 2.5). Mentre la tentazione è quella di farsi servire, i diaconi servono, mentre la tentazione è quella di avere un ambito di potere personale, loro vivono il compito di dare speranza agli altri, senza pensare a se stessi e alla propria gratificazione; mentre la logica mondana ha bisogno di riconoscimento, di ruoli ben definiti, di scatti di carriera, di applausi, loro si conformano ai sentimenti di Gesù e ritengono un onore il servire, un motivo di gloria l’essere umiliato e deriso, come lo fu il Signore, che non è venuto nel mondo per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.

“Voi, cari diaconi - è il messaggio finale dell’arcivescovo -, sarete, da ora in avanti, a servizio del Vescovo per il ministero. Siete chiamati a vivere lo stile dell’umiltà e ad impegnarvi nella preghiera liturgica della Liturgia delle Ore. Uniti al Vescovo, pregate per il popolo santo di Dio, di cui dovete essere membra vive. L’Eucaristia, cibo di vita immortale, vi farà pronti ad amare ed a servire i fratelli, capaci di donare occasioni di vita e di speranza, liberi dal dominio della “carne” e della paura. Lasciandovi guidare da Gesù, potrete sperimentare concretamente nella vostra vita la meravigliosa azione del suo Spirito”.

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli

 

 

 

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