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Carissimi, nei giorni che hanno preceduto questo Natale ho avuto la gioia di incrociare tanti sguardi, di stringere mani, di abbracciare tante persone lacerate dalla sofferenza, di pregare con i piccoli ospiti del ‘Fazzi’ e con i ragazzi del “Dopo di noi” e di provare a confortare i semplici, specie quelli che non fanno alcuna differenza tra il vivere quotidiano e la povertà come ingiusta condanna. In queste ore celebrerò anche a Borgo San Nicola.

 

 

 

Mi sono arricchito spiritualmente e interiormente, è vero. Ma ho ancora una volta constatato quanto sia dura la vita per tanti uomini e donne che non ce la fanno più e per i quali questo Natale sarà un’altra ferita da aggiungere alla collezione della disperazione. Per questo, gli auguri del vescovo non possono essere banali e non devono risultare parole di circostanza che arrivano solo ad orecchi abituati ad ascoltare suoni preconfezionati.

Non può essere così: la gioia, la pace, la giustizia sociale, la solidarietà, il benessere che, in modo speciale in questi giorni, tutti ci auguriamo, resteranno bei pensieri che ci volano sulla testa finché non sarà Natale per tutti. Finché quella luce non si accenderà in ogni casa. Finché il messaggio di quel Bambino nato a Betlemme - e riproposto come un rinnovato atto di fede ottocento anni fa da Francesco d’Assisi a Greccio - non ci entrerà nella testa e ci penetrerà il cuore come ostinato invito a convertirci. A ribaltare immediatamente la rotta, ad aumentare la velocità e a vivere il nostro cristianesimo come scelta radicale per la vita. Scelta generosa e faticosa (ma bellissima) che abbracci tutta la nostra esperienza umana. Una chiamata a “farci carne” nella nostra storia personale e in quella di chi ci circonda: così come ha fatto Gesù entrando con tutto se stesso nella storia del mondo e rimanendoci per sempre.

L’altra mattina sono entrato in cattedrale e ho incontrato una scolaresca di bambini che con le loro maestre stava ammirando le meraviglie del nostro barocco. Mi sono fermato con loro davanti all’antico presepe in pietra del Riccardi e li ho invitati a cantare con me, “Tu scendi dalle stelle”. Per un attimo ho chiuso gli occhi e ho goduto intensamente di quel momento di stupore che il Signore mi regalava mentre i piccoli intonavano la preghiera-poesia di Sant’Alfonso Maria De’ Liguori. Ho immaginato come quelle voci, allegre e spensierate - più che la mia (mezza stonata e per nulla squillante) -, siano arrivate dritte al cuore del Bambinello e lo abbiano commosso. Poi, come un nonno ai suoi nipotini, salutandoli, ho dato a ciascuno un bacio sulla fronte e sussurrato parole di gratitudine per quanta vita e quanta tenerezza mi hanno donato in quei brevissimi istanti. Nel mio animo ho ringraziato le loro mamme e i loro papà, coraggiosi per averli messi al mondo nonostante la storia degli uomini continui a raccontare cronache di morte.

Concludo. Per quest’anno - mi sia concesso -, gli auguri del vescovo sono rivolti soprattutto ai genitori, specie a quelli più giovani e alle coppie di fidanzati che stanno pensando di mettere su famiglia. A loro, anzitutto, giunga il mio abbraccio di Natale: non abbiate paura della vita che bussa e che vuole venire alla luce. Non sfuggite ai sacrifici e alle responsabilità della crescita e dell’educazione dei figli. Come Maria, la mamma di Gesù, accogliete la vita nascente come un dono; apritele le braccia e il cuore con tanta fiducia nel vostro impegno e nella Provvidenza: ogni bambino è una speciale benedizione di Dio. Diventerete coraggiosi profeti di speranza nel cantiere del futuro che è ancora tutto da scrivere e che, grazie alla vostra generosità, sarà ricco di amore e di pace.

Buon Natale a tutti e a ciascuno.

 

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