Sono passati cinquanta giorni dalla Pasqua, e in questo tempo di grazia, rinnovati nello Spirito e immersi nella gioia, abbiamo celebrato la risurrezione di Cristo.
Ieri sera la Chiesa diocesana ha celebrato la solenne Veglia di Pentecoste presso la chiesa cattedrale. La liturgia della parola, presieduta dall’arcivescovo Michele Seccia, ha ripreso la tematica del cammino sinodale “Nel cenacolo, in attesa dello Spirito” disponendo l’assemblea così a celebrare il mistero della Pentecoste: la discesa dello Spirito vivificante sull’intera comunità diocesana, dono del Risorto alla Sposa e l’inizio della missione della Chiesa.
Hanno preso parte alla veglia, l’arcivescovo Luigi Pezzuto, il vicario generale, don Vito Caputo, tutti i membri del consiglio episcopale, diversi sacerdoti provenienti dalle diverse realtà parrocchiali cittadine e diocesane, una rappresentanza dei diaconi permanenti, religiosi e religiose e popolo di Dio intorno al pastore per invocare lo Spirito Santo sulla Chiesa di Lecce.
Suggestivo ed emozionante il rito del lucernario, dal fuoco del cero pasquale, segno e simbolo del Cristo risorto, ha avuto inizio la liturgia, proseguita con l’accensione delle sette lampade di colore rosso in mano ai diaconi, simbolo dei sette doni dello Spirito Santo. È seguita poi, la processione d’ingresso in cattedrale, totalmente buia, dove la veglia è proseguita con l’accensione delle candele dei fedeli intervenuti, quale segno di luce e fuoco d’amore per il mondo, a simboleggiare la forza aggregante e salvifica della fede cristiana, se vissuta secondo lo spirito evangelico. Le testimonianze molto intense raccontate davanti al cero pasquale hanno infatti messo in luce come è possibile oggi riconoscere che lo Spirito parla, talvolta sorprendendoci e in maniera inaspettata, anche nella nostra vita lavorativa, familiare e nel luogo della sofferenza.
Momenti centrali della veglia, l’ascolto della Parola di Dio e l’omelia di mons. Seccia (LEGGI IL TESTO INTEGRALE). Significative le parole del pastore dopo la proclamazione del Vangelo “quando il coraggio della fede, dono dello Spirito, inizia a mancarci di fronte alle innumerevoli difficoltà della vita, c’è una Parola che salva, ci invita e ci aiuta ad alimentare la nostra speranza nell’abbraccio finale con il Signore. Al doloroso lamento del mondo e dei credenti, si aggiungono, infatti, i gemiti dello stesso Spirito, che soffia abbondante sul travaglio dell'umanità per sostenere, guidare e condurre i passi della storia nella direzione giusta” e continua “ mentre dall’alto della Croce, il Paraclito è giunto a noi come un soffio (emisit spiritum), un respiro di speranza, una brezza leggera… Irrompendo nel Cenacolo, è diventato, invece, un vento forte, una bufera, un uragano che ha spalancato le porte e ha scompigliato tutto: ha trasformato quei discepoli nascosti e spaventati in Apostoli coraggiosi, senza paura, audaci anche di fronte alla minaccia della morte”.
Poi l’affondo sul linguaggio della testimonianza come unico e fecondo strumento di evangelizzazione: “Se non impareremo che la nostra testimonianza è più efficace anche delle prediche del vescovo, dei nostri discorsi di convenienza, dei nostri giri di parole, delle nostre frasi ad effetto sulle chat… Se non impareremo che il linguaggio che tutti accolgono e comprendono alla perfezione è quello dell’esempio della nostra vita e delle nostre scelte concrete… Sarà tutto inutile”.
Poi le domande: “Siamo capaci di condannare la pratica dell’aborto? Siamo capaci di rifiutare l’eutanasia? Siamo capaci di difendere l’ambiente con le nostre piccole azioni quotidiane? Siamo capaci di rifuggire dalla menzogna e agire sempre alla luce della verità? Siamo capaci con coraggio di accogliere tutti - anche i poveri, gli stranieri, i disabili, gli anziani - come nostri fratelli? Siamo capaci di respingere la tentazione dei mille compromessi che ci insidiano ogni giorno? Siamo capaci di rispettare e amare la bellezza materna delle donne? Siamo capaci di prenderci cura con tenerezza di chiunque ci chiede aiuto? Potrei continuare… È questo il linguaggio che lo Spirito suggerisce al nostro cuore
È seguito poi il momento della memoria del sacramento della Confermazione per ricordare, come dice l'apostolo Paolo, che per mezzo del popolo crismato si deve diffondere il soave odore di Cristo. Il presule e altri due presbiteri hanno unto le mani dei fedeli con il profumo per ricordare l’agire coerente delle azioni in rapporto alla missione di battezzati e confermati nella fede. La musica e il canto hanno reso solenne e profonda l’intera veglia.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli