Un evento ricco di emozioni da ricordare la Messa in Coena Domini celebrata da mons. Michele Seccia, insieme al don Alessandro D’Elia, con il rito della lavanda dei piedi a dodici detenuti a Borgo San Nicola.
“Visitare i carcerati”, la sesta delle opere di misericordia corporale, suggerite da Gesù stesso (Matteo 25. 35-44), suona particolarmente inusuale in tempi in cui si invoca il giustizialismo. Eppure ha in valore umano di grande rilievo, perché non significa dimenticare, giustificare il reato, ma tendere la mano alla persona, riconoscerne la dignità e comprendere che l’esperienza del carcere può essere un’occasione di pentimento, riscatto, riscoperta dei valori morali e sociali.
In questa prospettiva mons. Michele Seccia, arcivescovo di Lecce, nel solco dell’insegnamento e della testimonianza di Papa Francesco, ha celebrato insieme a don Sandro D’Elia, cappellano del carcere, la Messa in Coena Domini che inaugura il triduo pasquale, presso la Casa Circondariale Borgo San Nicola di Lecce, diretta da Rita Russo, che ha presenziato alla cerimonia e, nel rendere omaggio al vescovo, ha ringraziato tutti i volontari e le persone che animano quotidianamente la vita del carcere.
Una novità per Borgo San Nicola la celebrazione della Messa del giovedì Santo e per di più dal vescovo che ha compiuto anche il rito della lavanda dei piedi, ripetendo il gesto di Gesù, raccontato dal Vangelo del giorno (Giovanni 13,1-15), durante l’Ultima Cena, quando istituì l’Eucarestia e consegnò il suo comandamento d’amore infinito.
Non ambienti grigi e anonimi hanno accolto i partecipanti alla Messa, ma decorati da artistici murales, opera di un ex detenuto, capaci di comunicare una forte emozione, la stessa che emana dalla vetrata della cappella, scenario del rito, con il mosaico di una colomba in volo, reso doppiamente simbolico dall’intravvedersi delle sbarre al di là del vetro.
In questo contesto le parole dell’omelia di mons. Seccia sono risuonate come messaggio di accoglienza e di speranza. Esprimendo la sua gioia per l’importante liturgia celebrata in carcere, l’ha definita: «un momento intenso della nostra fede, che indica il modo in cui Dio ha manifestato il suo amore».
Particolarmente suggestivo il solenne momento della lavanda dei piedi ai dodici detenuti scelti dalla direzione tra quelli della “reclusione”, i cosiddetti “definitivi”, ovvero quelli con giudizio finale della Cassazione e che devono scontare la pena per reati di varia gravità. «Il gesto del lavaggio dei piedi- ha detto mons. Seccia - è un gesto d’amore, di rinascita, il segno che Gesù ci perdona in anticipo. Non una “scenografia”, ma un segno di misericordia, rivolto anche a Giuda, che era pronto a tradire, un momento forte con cui Gesù ha voluto farsi vicino agli uomini». Da qui il valore penitenziale della lavanda dei piedi: «Impariamo ad amarci, ma anche a lavarci i piedi l’un l’altro, disposti a perdonare, a prostraci, in una logica di servizio. Questo è il senso dell’atto e del sacrificio di Gesù».
Hanno assistito alla celebrazione, alcuni coinvolti nelle letture di rito, i detenuti del “Blocco R 1”, di varia età, anche molto giovani, detenuti di fede cattolica che hanno scelto di essere presenti al culto. La loro intensa e rispettosa partecipazione insegna molte cose su questa umanità che vive in un mondo “sommerso”, ai margini della società, e cerca visibilità, carità e considerazione, ma chiede anche conto, senza nulla togliere alle responsabilità individuali, di disvalori e inadempienze.
Nell’augurare la buona Pasqua mons. Seccia ne ha ricordato «il valore di rinascita e di salvezza per tutti gli esseri umani. Pasqua è guardare la vita con occhi nuovi, con i piedi puliti, cioè sciolti per andare verso la direzione che Gesù ci ha insegnato».
La messa è stata animata dalla contagiosa letizia dei canti dei giovani di azione cattolica di Campi Salentina e di Arnesano. Ad accompagnarli gli educatori Simone Anglana e Virginia Stasi; presenti alcuni volontari dell’Associazione “Comunità Speranza” e della Caritas diocesana.
La celebrazione della Messa del Giovedì Santo a Borgo San Nicola ha significato per tutti i presenti ben più di una emozionante celebrazione liturgica, è stato un atto-simbolo di fratellanza, un’esperienza di autentica fede, un messaggio di speranza, di resurrezione e rinnovamento, un rito «particolarmente congeniale alle finalità del luogo di pena» come ha sottolineato la dott.ssa Russo.
Il canto finale “È più bello insieme” è stata la coinvolgente conclusione ideale di una indimenticabile cerimonia ed ha riunito idealmente tutti i presenti in un abbraccio fraterno.
Nel filmato il racconto dalla viva voce dei protagonisti.