Eccellenza, il legame che unisce Israele alla Santa Sede è radicato ormai nel tempo ed è molto importante, soprattutto al fine di promuovere la pace in Medioriente, tutelando il diritto alla libertà religiosa di ogni uomo. Ci può narrare quali siano stati gli sviluppi concreti di quel gesto profetico che, nel giugno 2014, Papa Francesco volle tenere in Vaticano, piantando l’ulivo della pace insieme ad Abu Mazen e Shimon Peres?
Quella di Papa Francesco è stata un’iniziativa molto significativa. Vedere quell’ulivo nel giardino del Vaticano è un importante messaggio di speranza per la pace in quella regione, tanto particolare per noi, per voi e anche per i musulmani, per tutto il mondo delle religioni monoteistiche. La pace è ciò che desideriamo. Per noi “pace” è più di una parola. Preghiamo sempre per la pace, perché siamo un popolo pacifico e non abbandoniamo mai la speranza.
Eccellenza, nel consesso internazionale, la Santa Sede ha sempre riconosciuto il particolare status di Gerusalemme, città simbolo per le tre maggiori religioni monoteiste. Cosa pensa che bisognerà fare nel rapporto Santa Sede-Israele per garantire la pace e incentivare la presenza dei pellegrini nella città di Gerusalemme?
Per la prima volta nella storia, le tre religioni monoteiste godono di piena libertà a Gerusalemme: libertà di preghiera, libertà di accesso ai luoghi di culto. Sfortunatamente, in passato la situazione era diversa. Agli ebrei non era consentito l’ingresso nella città antica, non potevano pregare sul muro occidentale. Solo dopo il 1967, quando la città è stata unificata, l’uguaglianza tra l’Ebraismo e le altre religioni è stata raggiunta e adesso a Gerusalemme ci sono pellegrini da tutto il mondo: molti dall’Italia, come da tutto il mondo cristiano, ma anche pellegrini musulmani. Questo è molto bello, è come deve essere. Come dovrebbe essere sempre. I cristiani, come gli ebrei, sanno che Gerusalemme fu scelta da re Davide come capitale del popolo ebraico mille anni prima di Cristo. È, quindi, la capitale più antica del mondo ed è molto bello che lo sia ancora oggi.
Un impegno comune tra Santa Sede e Israele riguarda certamente la lotta a ogni forma di razzismo e antisemitismo. Quali risultati sono stati finora raggiunti?
Sfortunatamente, gli episodi di antisemitismo, invece di diminuire, stanno aumentando. È impensabile, ma succede. È quindi molto importante che la Santa Sede, come rappresentante della religione cristiana, sia coinvolta nella lotta contro questa “malattia”, questa “fobia”, che continua a esistere. C’è davvero tanto da fare e siamo molto felici che la Chiesa cattolica eserciti un ruolo importante nella lotta all’antisemitismo. E credo che l’attuale pontefice, Papa Francesco, esprima un bellissimo concetto, in una maniera assolutamente corretta, quando dice che i cristiani non possono essere antisemiti, perché sarebbe come lottare contro se stessi, considerando le comuni radici delle nostre due fedi. È, quindi, un paradosso, immorale e inaccettabile. Per cui, in questo momento, la voce della Santa Sede nella lotta contro l’antisemitismo è molto importante e significativa per noi.
Eccellenza, alla luce delle recenti dichiarazioni della Santa Sede, le saremmo grati se ci volesse esprimere il suo pensiero riguardo ai rapporti tra Israele e Palestina.
Noi crediamo nella soluzione dei due Stati, che ci vede l’uno al fianco dell’altro, in pace e sicurezza. Questa è anche la posizione della Santa Sede, che condividiamo. Ma, per arrivare alla soluzione, abbiamo bisogno di un negoziato diretto, senza intermediari, per risolvere definitivamente il conflitto che è in atto e che va avanti da così tanto tempo. Nel 2005, quello che avrebbe dovuto essere un esperimento per favorire una coesistenza pacifica con i nostri vicini palestinesi, con la costituzione di un governo e la costruzione di infrastrutture, si è infelicemente risolto con il lancio di razzi sulle nostre città nel sud, raggiungendo il centro di Israele, e con continui attacchi con quelle che definirei “invenzioni perverse”: persino palloncini che, privati della loro natura giocosa, venivano riempiti di gas per poi esplodere in territorio israeliano. È stato molto deludente e speriamo sia un esempio che non si ripeterà. Quando parliamo di soluzione dei due Stati, ciò che abbiamo in mente è una convivenza pacifica di tutto il mondo civilizzato, senza che nessuno prevalga sull’altro. Perché non si può raggiungere la pace se si perseguono certe attitudini. Ma noi non perdiamo mai la speranza e miriamo al raggiungimento di una soluzione.
Il dramma della pandemia ha riproposto con forza il tema dell’ecologia e delle questioni ambientali. A tal proposito, qual è la posizione del Governo israeliano e quali intuizioni di Papa Francesco, contenute nell’enciclica Laudato si’, sono maggiormente illuminanti e attuali?
Mi fa piacere che abbia fatto cenno alla pandemia, perché, in questo contesto burrascoso, c’è un brillante esempio di cooperazione e di come possiamo essere uniti ai nostri vicini nel superamento di un problema comune. Durante la pandemia, c’è stato uno scambio di suggerimenti e di idee tra noi e i nostri vicini palestinesi su come superare questo comune problema. È stato un esempio molto bello di cooperazione e di come si possa essere costruttivi, per la creazione di un mondo migliore, e superare il pericolo comune. Esistono collaborazioni anche nel campo della medicina: i palestinesi che necessitano di cure specifiche e particolari vengono curati negli ospedali israeliani, e di questo siamo molto orgogliosi. Anche nel settore agricolo, c’è una forte collaborazione, non solo con la Palestina, ma anche con altri nostri vicini. Lei, prima, ha menzionato la Laudato si’. Per noi, la salvaguardia del pianeta è molto importante e Israele è stato, in effetti, tra i primi Paesi al mondo ad agire in questo senso. Abbiamo inventato un eccezionale sistema di micro-irrigazione e di conservazione dell’acqua, esportato in tutto il mondo, applicato in Asia, ma anche in Paesi avanzati, come gli Stati Uniti, in Arizona e California, dove l’acqua scarseggia, e siamo molto fieri che utilizzino un sistema messo a punto in Israele. Ci bastano poche gocce d’acqua per coltivare qualsiasi cosa, persino nel deserto: nel deserto del Negev, grazie a questo sistema, coltiviamo angurie, meloni e altro. Questo è un esempio di come si possa ottimizzare l’utilizzo di una risorsa rara. Le faccio un esempio contrario: considerando che abbiamo sole in abbondanza, come anche la Puglia, ne abbiamo approfittato e, negli anni Cinquanta, abbiamo introdotto il fotovoltaico. Quasi ogni casa in Israele è dotata di uno speciale dispositivo sul quale la luce del sole si riflette, generando acqua calda e non solo. Non utilizziamo altre forme di energia per il riscaldamento. E questo è solo un altro esempio. Ma sono più di 600 le aziende che si occupano di ecologia e agricoltura, sfruttando le risorse naturali per preservare la natura stessa. Dobbiamo prenderci cura del nostro pianeta. Agiamo in piena conformità con l’enciclica Laudato si’ e siamo molto attivi nella protezione del nostro pianeta e nel perseguimento di una politica ecologica.
Foto di Arturo Caprioli
Traduzione a cura di Diletta Quaranta