Quale percorso narrativo ha attivato l’Istituto superiore di scienze religiose metropolitano ‘don Tonino Bello’ di Lecce, nel laboratorio formativo ‘Comunicare per la comunità’ conclusosi ieri dopo due giorni di incontri?
Con l’obiettivo di avviare processi di comunità, la densità e varietà dei contributi hanno caratterizzato il tema della comunicazione nelle sue accezioni teoriche, tecniche e tecnologiche.
Il laboratorio formativo, con la collaborazione dell’Istituto universitario Sophia, del Dipartimento di scienze umane e sociali dell’Università del Salento, di Portalecce, della Scuola di reportage narrativo “Alessandro Leogrande” e della Fondazione Splendor Fidei, ha offerto una panoramica di strumenti e metodi comunicativi per affrontare il complesso periodo di postmoderno che sta vivendo la società contemporanea.
Il tema della umanizzazione è stato comune a tutti gli interventi di questo appuntamento formativo: ‘un evento’, come lo ha definito il direttore dell’Istituto don Antonio Bergamo, che prenderà nuove forme per il futuro, sempre “per far incontrare le risorse di comunità”.
La comunicazione come sfida di “una collaborazione trasversale con visioni diverse dalle nostre” cercando “un consenso differenziato” per il prof. Pàl Tòth, dell’Istituto universitario Sophia, diventa condicio sine qua non di ‘un’azione comune’ di umanizzazione della comunità umana tutta: è la cultura dell’incontro di cui parla papa Francesco, che possiamo attraversare solo con il primato cristiano dell’amore incondizionato. Allora la relazione diventa generativa e costruttiva quando non mira a risolvere i problemi ma ad individuarne le cause con un ascolto profondo e attivo.
Dall’analisi dei mass media del prof. Michele Zanzucchi, Istituto universitario Sophia, è emerso come l’inevitabile presente e futuro tecnologico, con rischi e opportunità, sia strettamente legato alle ‘intenzionalità degli atti’ e alle scelte di chi immette in rete i contenuti. “Parlare di digitale vuol dire parlare della società tutta” e questo richiede il “combattere la complessità” con realtà semplici, creando tra comunicatori una rete virtuosa esemplare nei valori cristiani per superare la frammentazione e la cultura dei muri (cfr. Fratelli tutti, 27).
Come far funzionare un ufficio di comunicazione apre, poi, a prospettive relazionali che possono far transitare da un ‘egosistema’ ad un ‘ecosistema’. Per Vincenzo Grienti, giornalista professionista e digital editor di Tv2000 e Radio InBlu2000, si tratta di cambiare gli strumenti della comunicazione e della informazione, ma non la logica giornalistica. È prioritario lavorare cooperativamente per fare convergenza secondo una collaborazione partecipativa; partendo da questo si crea una rete da cui scaturiscono naturalmente prossimità, vicinanza e fiducia, necessari per una comunicazione di qualità che sia al servizio della comunità.
“Nuovi linguaggi capaci di interrogare il passato per generare domande giuste per il presente” si possono intercettare, come chiarito dal dott. Francesco Romito direttore della Scuola di reportage narrativo “Alessandro Leogrande” Fondazione di Vagno, in un esercizio di destrutturazione della realtà analizzando il ‘reportage narrativo’ come modello trasversale di genere scritturale. Attraverso le coordinate della geopolitica, “è necessario raccontare il globale partendo dal particolare”, della storicizzazione della cronaca, il contesto storico come chiave di lettura per elementi costruttivi del racconto, e della colonizzazione, inserendo i protagonisti nelle dinamiche sociali della realtà di appartenenza, si può creare una cornice valoriale per la ricerca di un progetto identitario.
L’itinerario formativo si è concluso con un articolato laboratorio di Giuliano Battiston, giornalista e ricercatore freelance, direttore dell’Associazione di giornalisti indipendenti “Lettera22”, che ha consentito ai presenti una riflessione analitica su alcune parole-chiave, determinanti per comprendere come costruire una comunicazione efficace di e per la comunità: dal vero ascolto, che trasforma, alla prossimità, indispensabile per una penetrazione il più possibile autentica della realtà dell’altro, nella ricerca, afferma Antonio Bergamo, di quella parola silente, perduta che ci può far scoprire i valori della gratuità e della reciprocità.
Photogallery di Arturo Caprioli