È certamente una grandezza costitutiva della società, capace di abbracciare una pluralità di contesti dell’esistenza. Si tratta della pace, per molto tempo considerata esclusivamente un processo antitetico alla guerra, oggi sempre più dimensione strutturante dei processi sociali, culturali, relazionali e comunicativi.
La pace è una condizione trasversale che riguarda anzitutto l’uomo, il suo “essere in pace con stesso” per creare armonia e unione con l’altro. La pace però si espande a tal punto da legare individui e popoli e costruire così una famiglia umana unita e, appunto, pacifica. La pace ci riguarda dunque come persone singole e anche come attori collettivi. Ma nello stesso tempo ci qualifica come cittadini che hanno il dovere di costruire e far funzionare istituzioni di pace: a livello micro, come le realtà organizzative e associative che riflettono le nostre competenze e il nostro spirito di servizio; e a livello macro, come gli spazi politici e decisionali che hanno la responsabilità di edificare e diffondere culture di pace attraverso la promozione dei diritti umani, lo sviluppo, il dialogo, l’integrazione, l’educazione e la ricerca. Proprio queste ultime due istanze (educazione e ricerca) caratterizzano un’iniziativa scientifica di recente istituzione. Si tratta del Ciclo di studi in “Scienze della Pace” che la Pontificia Università Lateranense attiverà dal prossimo anno accademico. Due percorsi, uno di laurea triennale e l’altro di laurea magistrale, voluti fortemente da Papa Francesco tanto da spingerlo ad affidarne l’organizzazione al “suo” ateneo del Laterano.
Francesco formalizza questo desiderio in una lettera al Gran Cancelliere della Lateranense, cardinale Angelo De Donatis (del 12 novembre 2018) spiegando come le università ecclesiastiche dovranno diventare sempre più luoghi “simbolo di umanesimo integrale” e di “coraggioso rinnovamento culturale”.
Università come luoghi “in uscita” quindi, come territori fecondi di quel kairós pastorale che ci fa leggere i segni tempi con gli occhi della fede e ci incarna nella contemporaneità permettendoci di rispondere alle sue sfide.
Studiare la pace significa proprio questo: conoscerne i fondamenti epistemologici per acquisire le competenze necessarie a operare in tutti (e tanti) quei luoghi in cui purtroppo essa non c’è. Pensiero e strumenti di pace saranno al centro di ogni singola lezione e saranno declinati attraverso un’ottica multiprospettica che riflette la ricchezza disciplinare dell’Università Lateranense. Attraverso l’insegnamento della teologia, della filosofia, del diritto, dell’economia e delle scienze sociali integrate con tradizionali teorie e alle tecniche della pace, si cercherà infatti di formare operatori di pace inter e transdisciplinari, ispirati e animati cioè da quell’“unità del unità del sapere nella distinzione e nel rispetto delle sue molteplici, correlate e convergenti espressioni” (Veritatis Gaudium, 4). Perché la pace non è soltanto assenza di guerra o gestione e soluzione di conflitti ma è un processo che deve instaurarsi prima, durante e dopo attraverso una approccio onnicomprensivo e corresponsabile.
Il Ciclo di studi lateranense cercherà pertanto di proiettarsi in questa dimensione composita dando il proprio contributo alla costruzione di una vera e propria “tecnologia sociale per la pace”, frutto di impegno scientifico e operativo e, nello stesso tempo, proiezione di speranze concrete che - afferma ancora Papa Francesco - possano assicurare “ai diversi Popoli e Paesi un cammino di pace, frutto di quel dialogo autentico capace di spegnere l’odio, di abbandonare egoismi e autoreferenzialità, di superare desideri di potere e di sopraffazione dei più deboli e degli ultimi”.