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Scricchiola la democrazia nel mondo. E l’Europa non fa eccezione. Mentre l’instabilità geopolitica avanza - e la Siria è solo l’ultimo tragico esempio -, i nazionalismi e le forme autoritarie del potere si rafforzano un po’ ovunque nel mondo.

 

 

 

 

Si diffondono, anche artatamente, incertezza per il futuro e minacce (vere o presunte) alla sicurezza. L’economia non gira, sacche di povertà toccano una parte significativa dell’umanità, anche nei Paesi “ricchi”. Si vanno affermando individualismi e chiusure entro ristretti confini identitari. Sempre più spesso i risultati elettorali sono segnati da questi elementi. L’ultimo caso, eclatante, quello degli Stati Uniti. Ci sono poi Paesi, e sono tanti, in cui vigono esercizi del potere che non hanno i connotati delle democrazie. Giusto per fare un paio di esempi si potrebbero citare Cina e Corea del Nord; per quanto anche la Corea del Sud attraversi una pericolosa fase involutiva.

Ma, appunto, l’Europa non è diversa. Il caso-Ungheria è emblematico. Situazioni non dissimili - pur specifiche per ogni realtà nazionale - si sono registrate negli ultimi anni in Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Paesi Bassi e Belgio, Paesi scandinavi, Spagna, Austria. E Italia. Scorrendo la carta geografica del continente si trovano ovunque elementi destabilizzanti. In occasione della Giornata internazionale contro la corruzione del 9 dicembre è giunto un messaggio allarmato dal Consiglio d’Europa proprio in relazione alla tenuta dei sistemi democratici europei.

Gli ultimi casi parlano oltremodo chiaro. In Romania la Corte costituzionale ha annullato i risultati del primo turno, in cui si era imposto Călin Georgescu (nella foto), delle elezioni presidenziali, falsate - questo il grave sospetto, fondato su prove acquisite - da una pesante interferenza russa mediante i social.

Di tutt’altro problema si parla in Germania e in Francia, dove i rispettivi elettorati hanno punito i governanti in carica (cancelliere Scholz e presidente Macron), premiando al contempo forze estreme. In particolare, in Francia la destra della Le Pen e la sinistra di Mélenchon hanno unito le forze per far cadere l’esecutivo guidato dal centrista Barnier, lasciando il Paese senza una reale via d’uscita politica stabile.

Si tratta, è il caso di ripeterlo, di realtà assolutamente differenti. Ma non può sfuggire come sempre più spesso forze politiche sovraniste, anti Ue e di frequente filoputiniane, facciano breccia fra i cittadini. L’elettorato è, sia chiaro, libero di scegliere: rimane, e forse si rafforza, il dubbio su quali siano gli strumenti e le modalità di informazione sulla politica, quale la formazione diffusa e la consapevolezza sui temi della pubblica amministrazione, sulla vita dei partiti e dei loro leader, sulle regole democratiche, sui valori che attraversano una società tanto da segnarne la partecipazione alla polis, sul ruolo dei media e più ancora su quello dei social network…

In un tempo di rapidissime e profonde trasformazioni la politica, assieme alla coscienza civica dei cittadini, sta tenendo il passo del “cambiamento d’epoca”? Forse la domanda non è fuori luogo.

 

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