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Il silenzio, le parole non dette, sono la peggiore trappola per un minore vittima di abusi. Una prigione di sofferenza che può anche uccidere. 

 

 

La vicenda riguarda i presunti abusi subiti da sette alunni di una scuola media di Castellammare di Stabia (Napoli) ad opera di un’insegnante di sostegno, ora finita in carcere con l’accusa di maltrattamenti, violenza sessuale, induzione al compimento di atti sessuali e corruzione di minorenne. Una vicenda ora al vaglio della magistratura e di cui, ne è convinto Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta ed esperto in educazione alla salute e prevenzione in età evolutiva, è importante e opportuno parlare. Lo abbiamo intervistato.

 

Professore, anzitutto, che cosa accade nel corpo e nella mente di un minore abusato?

Viene “sessualizzato” precocemente e in modo non corretto. Durante la pre-adolescenza ragazzi e ragazze vanno naturalmente incontro allo sviluppo sessuale. La sessualità diventa pertanto una dimensione della loro vita che si fa sentire attraverso intense percezioni corporee, ma è un qualcosa che occorre imparare a mettere “dentro” al proprio corpo, alla propria mente e al proprio cuore, generando significati che vanno educati. In un minore il corpo si accende, l’eccitazione diventa forte, la curiosità e l’esplorazione verso la sessualità sono intense.

 

 

Qual è allora il compito dell’adulto?

Cogliere questa energia esplosiva e “direzionarla”, trasferendola dal luogo in cui è semplicemente produttrice di sensazioni ad un luogo interiore, della mente, in cui viene anche “significata”. In questo modo la sessualità viene educata e integrata correttamente nella vita di un giovane, ma si tratta di un lavoro che dura tutta l’adolescenza. L’adulto deve essere un educatore attento, competente e rispettoso delle fasi di sviluppo. L’età più caotica e disordinata rispetto a questo percorso educativo è proprio la pre-adolescenza durante la quale l’adulto è chiamato a porre limiti al sesso e alla pornografia perché non è ancora il momento di agire la sessualità.

 

 

L’adulto che non rispetta questi parametri si muove invece in maniera opposta…

Sì, da adulto abusante. Entrando a gamba tesa in questo tempo così delicato e caotico, ma anche così ingenuo, e mettendo i propri bisogni adulti in un mondo non ancora strutturato, chi si muove in maniera opposta compie un grave reato usando la fragilità e l’eccitazione del preadolescente come un grimaldello a proprio vantaggio. Mai la sessualità di un minore deve servire a soddisfare i bisogni di un adulto! Con l’aggravante che, se la vicenda di Castellammare sarà confermata, gli abusi sarebbero avvenuti nel luogo più protettivo per un bambino, la scuola; nel luogo che ha il mandato educativo anche su questi aspetti della vita e, tra l’altro, da parte di un adulto che, in quanto insegnante di sostegno, avrebbe dovuto (e deve comunque) essere particolarmente specializzato a gestire la fragilità di un tempo fragile. La vicenda in questione riguarda un grande tema che solleva più livelli di domande.

 

 

Quali?
Anzitutto, cosa sta succedendo agli adulti? Oggi questa sessualità poco pensata e molto agita non riguarda solo i ragazzi ma anche gli adulti. E’ una questione di maturità: che cosa è in grado di fare il mondo adulto dei propri impulsi sessuali? Da una ricerca Usa emerge che la diffusione del digitale ha fatto aumentare enormemente gli abusanti in età giovanile di minori – prima erano per lo più di età avanzata – come se, guardando una cosa grave nel virtuale, si inizi a ritenerla meno grave attraverso una sorta di normalizzazione cognitiva che riduce i freni inibitori. E poi, sempre che tutto sia confermato, come è possibile che in quella scuola, come in situazioni simili, nessuno si sia accorto di nulla?

 

 

Professore, come aiutare e sostenere le vittime?

Quello che serve è anzitutto far sentire loro che c’è un mondo adulto che li prende sul serio, che interviene subito e li protegge senza lasciarli in balia dell’abusante. In questo modo, con una terapia adeguata, i minori abusati possono riuscire a ricollocare tutto in una prospettiva corretta, sentendo che il problema non sono loro e che la persona fortemente “sbagliata” è invece chi li ha abusati. Ogni forma di abuso sessuale ha un impatto traumatizzante, anche sul modo in cui il minore impara a mettere dentro di sé la dimensione della propria sessualità in formazione. I ragazzi che subiscono questi maltrattamenti vanno sostenuti, aiutati, accompagnati, ed anche i loro genitori il cui ruolo sarà quello di offrire una buona educazione affettiva e sessuale per consentire ai figli di comprendere che nella loro vita la sessualità è entrata dalla porta sbagliata; non per colpa loro ma per l’irresponsabilità di chi ha compiuto gli abusi.

 

 

È possibile superare traumi di questo tipo?

C’è un arcipelago di situazioni, sintomatologie, storie. In questo caso specifico, sempre se le accuse saranno confermate, esiste un fattore di protezione e cioè che i ragazzi, dal momento in cui la vicenda è venuta alla luce, siano stati subito considerati delle vittime. A volte, invece, succede anche che quando la vittima racconta l’abuso subito, non viene creduta o viene ritenuta colpevole o addirittura complice. La sofferenza provocata dagli abusi sessuali è enorme perché rimane un tema di “cose non dette”, di cui non si parla; invece parlare di quanto accaduto costituisce quasi la metà del percorso terapeutico. Ogni situazione va sempre verificata, ma poter raccontare ad un interlocutore che ascolta e assicura che quanto accaduto è colpa dell’abusante e non della vittima, beh già questo risolve molti nodi legati alla sofferenza del minore abusato, che spesso rimane in silenzio e si trascina anche in età adulta un peso difficile da sopportare e che talvolta diventa schiacciante.

 

 

Come insegnare ai nostri ragazzi e ai nostri bambini a proteggersi e a difendersi?

Per diversi anni ho condotto in molte scuole di Milano un lavoro di prevenzione primaria degli abusi sessuali, ad esempio con il progetto “Le parole non dette” abbinato al mio manuale “Tutto troppo presto” (ora fuori catalogo, ndr). Tre, in estrema sintesi, i requisiti della prevenzione primaria dell’abuso sessuale, una sorta di “azioni salvavita” da insegnare senza paura ai bambini e alle bambine: quando qualcuno ti fa sperimentare un forte disagio - qualche minore ha parlato di un vulcano nella pancia - associato al suo modo di interagire con il suo corpo, devi dire: “no”, fuggire via, e andare subito a raccontarlo ad un adulto di riferimento. Occorre insegnare ai bambini a parlare, a non rimanere intrappolati nel silenzio e nella vergogna.

 

 

Forum Famiglie Puglia