In quasi tutti i libri e gli studi relativi all’odierna basilica di Santa Croce in Lecce, si legge che i lavori di costruzione della chiesa ebbero inizio nel 1549.
D’altra parte, la fonte di questa notizia è autorevole, in quanto questa data viene riportata da Bernardino Braccio, il cronista leccese vissuto nella seconda metà del XVI secolo e nella prima metà del secolo successivo, nel suo Notiziario o parte d’istoria di Lecce. In effetti, essendo il cronista quasi coevo degli eventi, secondo gli studiosi, non può che essere attendibile.
In realtà, però, Bernardino o non era ancora nato o era ancora un bambino nel 1549 e quindi non poteva essere testimone oculare degli eventi, sebbene certamente, qualche fonte avrà utilizzato per indicare quell’anno.
In passato, tale datazione fu messa in discussione solo da pochissimi autori, peraltro tra loro discordanti. In particolare, il canonico Luigi De Sanctis, parroco di Santa Maria delle Grazie, attestava nel suo discorso inaugurale della riapertura al culto della chiesa di Santa Croce che “i celestini si misero all’opera dal 1539 e fecero sorgere questo artistico tempio con il loro convento” (L. De Sanctis, La Basilica di Santa Croce. Monumento nazionale, Lecce 1912, p. 8). Ora, però, pochi hanno dato credito al canonico De Sanctis, visto che egli scrive nel XX secolo e non cita documenti storici. Forse il nostro canonico avrà collegato l’inizio dei lavori con l’anno in cui fu allargato il castello cittadino di Carlo V.
Addirittura, Guglielmo Paladini, senza specificare le sue fonti, riporta come date iniziale e finale di realizzazione della chiesa il 1532 e il 1689 (G. Paladini, Guida storico ed artistica della città di Lecce, Lecce 1952 p. 239). In effetti, il 1689 si rinviene, come data, sulla parte superiore della facciata di Santa Croce, precisamente alle spalle di quella figura umana, che rappresenta l’umiltà, posta accanto a Celestino V e recante sul petto l’agnello. Non è, invece, stata rinvenuta. allo stato attuale, alcuna epigrafe con la data 1532.
Il dato certo, ritenuto da tutti gli autori e documentalmente fondato, riguarda il fatto che la nuova chiesa fu edificata in seguito al noto evento per cui il primitivo tempio con il monastero dei Celestini dovettero essere spianati per allargare e fortificare il castello cittadino, ai tempi di Carlo V (cfr. Infantino, Lecce Sacra, 1633, pp. 118-119). Ora, i lavori presso il castello iniziarono, secondo gli studiosi tra il 1539 e il 1542 (cfr. ad esempio, V. Zacchino, Lecce e il suo castello, Lecce 1993, data l’inizio dei lavori al 1542). Pertanto, certamente i monaci Celestini dovettero abbandonare la loro chiesa e il loro monastero in quel periodo.
Qui si pone una prima problematicità circa la datazione del 1549: se, infatti, i lavori del nuovo monastero fossero iniziati solo nel 1549, i Celestini dove avrebbero abitato e officiato per sette o più anni? Ma questo è ben poca cosa in confronto a una seconda obiezione posta alla data 1549, che è fornita da una scoperta, rinvenuta negli atti notarili dell’Archivio di Stato di Lecce. Qui, infatti, vi è un atto (ASL, Protocolli notarili 46/121 notaio Bartolomeo De Rinaldis da Lecce, prot. del 1/8/1792-X Actus publicus unius inscriptionis ad instantiam ill.mi D.ni D. Achille Tresca patritio huius civitatis Licij, c. 360v.), in cui nel 1792 Achille Tresca, il quale aveva sposato Gaetana Stomeo, fece trascrivere la lapide che si trovava nella Cappella dell’Annunciazione della famiglia Stomeo (attuale cappella di S. irene, in S. Croce), che un altro atto notarile del 21 marzo 1694 indica come la penultima a man sinistra dentro la chiesa dello stesso monastero (cfr. A. Caputo, I celestini di Santa Croce fra Lecce e Carmiano, Galatina 2008, pp.38-39).
Grazie a questo atto notarile è stato possibile rileggere quanto non più visibile in Santa Croce, laddove però è rimasta traccia della iscrizione lapidea, nell’attuale cappella dedicata a Sant’Irene.
D.O.M.
SACELLUM HOC A IO.BAT.TA STOMEO
ANNO DOMINI 15XXXXIV ERECTUM
FRANCISCA STOMEO, UT SANGUINIS
SIC GENTILITIAE CULTRIX PIETATIS
MUNIFICAE AUCTUM VOLUIT
MONASTERIUM NON PARUM DE SUIS BONIS
HEREDE INSTITUTO
NUNC TAM MONASTERIUM, QUAM SUI DE FAMILIA
IN MELIOREM FORMAM REDACTUM
REPOSUERE
A.D. MDCCXVII
La traduzione è la seguente: Francesca Stomeo, donna gentilizia per stirpe e particolarmente devota, volle incrementare non poco il monastero, avendolo fatto erede dei suoi beni. Pertanto, questo monastero volle restaurare questa cappella, eretta da Giambattista Stomeo nell’anno 1544, appartenente alla sua famiglia. A.D. 1717.
Questa iscrizione è di fondamentale importanza perché riferisce che la cappella fu eretta nel 1544 e ciò implica che l’inizio dei lavori della chiesa non sarebbe mai potuto essere il 1549.
Dinanzi a tale elemento documentale, si potrebbe obiettare che, nel 1717, anno in cui fu scritta la lapide, non si conoscesse bene l’anno in cui Giambattista Stomeo avesse realizzato la cappella e dunque vi poteva essere un errore di trascrizione, ma vi è una nuova prova che fuga ogni possibile dubbio e rigetta, senza tema di smentita, l’ipotesi che la chiesa fu iniziata a costruire nel 1549. Questa prova non è scritta a inchiostro sulla pergamena, ma è incisa nella pietra e lì l’ho trovata.
Infatti, sui gradini della scala presente nella piccola sacrestia, a cui si può accedere dal portale fatto realizzare dalla famiglia Adorno nel 1588, ho rinvenuto delle scritte, che aprono nuovi orizzonti allo studio sulla basilica di Santa Croce. Questa primitiva scala che conduceva al campanile della chiesa, reca scritto un anno, citato per ben due volte, quasi a significare l’inizio dei lavori e, inequivocabilmente, si legge: In die primo mai(maggio) 1542.
Pertanto, questa scoperta retrodata l’inizio della costruzione della basilica, almeno a quella data e ciò rende pienamente plausibile la costruzione della cappella laterale della famiglia Stomeo (attuale cappella di Sant’Irene) nel 1544. Inoltre, tale anno ben coincide con l’anno di ampliamento del castello di Carlo V.
Proseguendo sulla medesima scala, ho rinvenuto, anche altre utili date, come, per esempio, l’iscrizione presente all’inizio della scala, laddove appena si legge 15 aprile 1656 benedetto, forse a indicare l’anno di benedizione del campanile, e altre due date, una sotto l’altra, 1628 e 1634, forse ad indicare la data di inizio e fine della struttura del campanile.
Infine, dopo diversi gradini, un nome, un cognome e una data, che scolpiscono la storia di Santa Croce: infatti, salendo per la medesima scala, si legge, con penna autografa: Io mastro Cesare Penna 1631. Si tratta di quel Cesare Penna che realizzò l’altare delle reliquie, dedicato alla Santa Croce, e che decorò il munificente rosone. Anche in questo caso, bisognerà correggere quanto detto da diversi storici locali, i quali riferiscono che Penna lavorò dal 1637 al 1639 per la costruzione dell’altare di Santa Croce e che nel 1646 firmò la parte della facciata della chiesa dove si staglia il magnifico rosone, ma nulla dicono sulla sua attività nella costruzione della chiesa attorno al 1631, laddove si firma con il termine “mastro”.
Vi sono molti altri segreti che potrà rivelare lo studio attento e certosino di quella scala, attraverso cui si dovrà riscrivere una storia, di quella che è la perla del barocco.
Photogallery di Arturo Caprioli