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Oggi, al termine di una settennale e straordinaria esperienza di testimonianza e di servizio alla più grande realtà nazionale e diocesana laicale, l’Azione cattolica, Mauro Spedicati lascia la presidenza diocesana per far posto al consiglio che verrà fuori stasera al termine delle elezioni associative (LEGGI).

 

 

Ripercorriamo con lui le tappe di questo entusiasmante cammino senza tralasciare la grande ricchezza che in questi l’Azione cattolica diocesana ha costituito come risorsa preziosa anche per Portalecce fin dalla sua fondazione. Consiglio, incoraggiamento, collaborazione generosa. Sconfinata anche per questo la gratitudine a Mauro e ai suoi collaboratori.

 

Sette anni alla guida dell’Azione cattolica diocesana. Sette anni di servizio laicale donato generosamente alla Chiesa di Lecce. Che tempo è stato presidente?

È stato un tempo straordinariamente ricco, di incontri e di esperienze, di volti e di storie. Un percorso che ha richiesto impegno e dedizione, ma che mi ha restituito cento volte di più. Una ricchezza per la quale oggi avverto un grande senso di gratitudine: al Signore, per avermi messo alla sua sequela in questa speciale porzione della sua Chiesa che è l’associazione, e ai tanti amici, con cui abbiamo condiviso questo cammino. È stato anche un tempo - mi riferisco in particolare a questo secondo mandato (che da triennale è diventato quadriennale, a causa degli eventi legati alla pandemia) - nel quale abbiamo visto stravolte le nostre abitudini quotidiane, le nostre certezze, anche tante nostre prassi associative e nel quale, tuttavia, il Signore ha continuato ad operare anche attraverso l’impegno dei tanti che, come noi, a Lui si affidano. Infine, è stato - ed è tuttora - un tempo di grande dinamismo della Chiesa, quello del cammino sinodale che stiamo vivendo dal 2021 a tutti i livelli e anche nella nostra diocesi, che si è intrecciato in pieno con questo mandato. E del quale l’Azione cattolica, definita da Papa Francesco “palestra di sinodalità”, è convintamente protagonista.

 

Quale Ac ha trovato sette anni fa e cosa lascia al termine di questi due mandati? Quale testimone consegna al suo successore? Quali consigli vorrà dargli o darle?

Mi verrebbe da dire che, in realtà, non l’ho trovata sette anni fa, perché in Ac sono sempre stato, e che non la lascio adesso, perché il mio servizio prenderà semplicemente delle nuove forme. Ecco, proprio in questo sta, a mio avviso, uno degli aspetti più belli dell’Azione Cattolica: nella capacità di rinnovarsi nella continuità. La continuità è data dalla fedeltà al Vangelo, che è al tempo stesso il punto di partenza, la rotta e l’obiettivo di ogni proposta associativa, e dal legame indissolubile con la Chiesa, a partire dal Santo Padre, per arrivare alla più piccola parrocchia di periferia. La capacità di rinnovarsi sta invece in una cultura associativa che respinge i leaderismi promuovendo così, sul serio, la corresponsabilità. E che ha l’intelligenza di dare un termine ad ogni mandato e un limite al numero di mandati, per ricordarci sempre che tutto è nella logica del servizio gratuito. Diciamo allora che termino il mio mandato con un’Ac vivace, con una grande presenza di nuovi responsabili giovani e tante donne protagoniste nelle parrocchie e in diocesi. Un’Ac che è stata capace, in questi anni, di dialogare e costruire con le altre associazioni, con le istituzioni pubbliche, con l’Università del Salento. Il consiglio al prossimo presidente diocesano è quello di vivere in pieno questo mandato, di stare il più possibile con le persone, perché questa è la ricchezza più grande che riceverà dal servizio che gli verrà chiesto.

 

In quale ambito la nostra Ac diocesana deve ancora crescere?

L’Ac non può smettere di crescere nella consapevolezza del valore aggiunto che l’esperienza associativa arreca alla vita delle persone che su di essa scommettono. Un valore aggiunto di cui tutti noi siamo testimoni e che dobbiamo essere capaci di raccontare, di far percepire agli altri, promuovendo lo stile dell’Azione cattolica dentro e fuori dalle parrocchie. Per farlo, c’è bisogno a mio avviso di un impegno su due versanti. Il primo riguarda i laici, che non devono stancarsi di formarsi, di conoscere il senso dell’associazione, i suoi elementi fondativi per farne pratica quotidiana, i suoi testimoni per farne modello di vita cristiana. Il secondo impegno riguarda i parroci. Perché, se è vero che la gran parte di essi accompagna con entusiasmo e convinzione la vita dell’associazione, per altri è invece necessario iniziare a rendersi conto che impiegare il patrimonio educativo, formativo, esperienziale dell’Azione cattolica, senza tuttavia promuovere l’Azione cattolica, non è oggi una strategia vincente e, alla lunga, rischia di impoverirla.

 

Lievito e fermento della società. C’è ancora spazio per i laici impegnati per un servizio da protagonisti anche nella vita politica?

Credo che il nostro Paese abbia oggi un estremo bisogno del contributo che può venire da quei laici che siano, da un lato, solidamente formati alla scuola del Vangelo e, dall’altro, allenati a stare dentro le cose del mondo, dialogando, costruendo, riuscendo ad andare in profondità nelle sfide che il tempo presente ci pone davanti. Anche da questo punto di vista, l’Azione cattolica può continuare ad essere una palestra. In un’epoca in cui la partecipazione alla vita pubblica e l’assunzione di responsabilità vivono infatti un tempo di crisi, non dobbiamo sottovalutare il ruolo dei nostri consigli, delle equipe, che sono luoghi di partecipazione democratica, una palestra, appunto, per l’impegno nel mondo. I nostri processi sembrano faticosi, articolati, a volte possono farci venire voglia di “fare da soli per fare prima”, ma proprio questi processi allenano a sentirsi responsabili ciascuno per la propria parte. Così crescono le persone, così si coltivano i talenti, così fioriscono le comunità. Serve, poi, naturalmente, anche una formazione specifica, che in questi anni abbiamo cercato di proporre attraverso iniziative mirate, dalla scuola di formazione politica ai tanti incontri informativi nei momenti forti della vita del Paese, come in occasione dei referendum o dell’elezione del Presidente della Repubblica.

 

Lasciando oggi le vesti di presidente diocesano, come continuerà il suo impegno nella Chiesa?

Come dicevo prima, l’Azione cattolica ci insegna fin da ragazzi la gratuità e la temporaneità di ogni servizio e al tempo stesso ci accompagna in questi momenti di passaggio nei quali, è inutile negarlo, c’è anche un po’ di emozione. Auguro a me stesso che il mio impegno continui nello stesso modo in cui è continuato quello dei presidenti diocesani che mi hanno preceduto: e cioè in modo meno visibile, ma straordinariamente fecondo.

 

 

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