L’associazione “Il Melograno” nasce nel 2001 in seno alla Cei e da oltre 20 anni si batte per affermare sul territorio nazionale i diritti civili delle cosiddette famiglie vedove, con sedi a Roma, Lecce, Milano, Padova, Taranto.
La presidentessa Amelia Cucci Tafuro ha raccontato dei molti progetti e delle iniziative concrete portate avanti in questi anni a sostegno di questi nuclei familiari e, parallelamente, della campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e della politica sulle difficoltà che gravano su di essi e che, ancora troppo spesso, rimangono sconosciute.
Presidente Cucci, quali sono le difficoltà maggiori che si trovano a vivere le famiglie vedove e qual è, a oggi, la mancanza di diritti più grave che non viene ancora riconosciuta?
Nell’immaginario collettivo si pensa che il vedovo o la vedova siano solo anziani, ma ci sono anche giovani e si trovano ad affrontare problematiche diverse, a seconda dell'età. Molto spesso ci sono nuclei familiari con presenza di orfani minori che devono far fronte a delle difficoltà notevoli, amplificate rispetto a quelli che sono i problemi della famiglia canonica tradizionale.
Che cosa sono le “famiglie vedove”?
All’inizio abbiamo avuto la difficoltà di farci conoscere come associazione che aderisce al Forum delle associazioni familiari e quindi a far conoscere i problemi che riguardano le famiglie vedove. Abbiamo fatto fatica a sensibilizzare l'opinione pubblica, ma ora cominciamo a vedere qualche buon risultato. Era soprattutto un messaggio culturale che andava trasmesso e, in effetti, adesso molto più spesso negli articoli dei giornali vengono nominate le famiglie vedove. La stessa Istat, svolgendo le indagini, parla proprio di nucleo vedovile e questa è la prima grande vittoria perché questa tipologia di famiglia, che dai più è sconosciuta, è un nucleo che deve ricostruire la propria identità nella società. Anche la persona vedova, soprattutto nel caso delle donne che sono la maggioranza, deve necessariamente ricostruire la sua identità, cercare un posto nuovo nella società perché non appartiene più a nessuna delle categorie sociali: non si è single, né sposato, divorziato o separato. È un nuovo stato di vita, che non sempre si è in grado di affrontare e quindi di ricostruire, specie in caso di condizioni di fragilità personali.
Quali sono le battaglie più importanti che state conducendo?
Purtroppo, ancora non vengono riconosciute molte istanze che noi avanziamo per le quali bisogna continuare a combattere. Una di quelle più importanti è la richiesta di una tassazione separata tra la pensione di reversibilità e il reddito da lavoro o di pensione del coniuge superstite e che invece adesso va a fare cumulo. Questa è una delle tante iniquità legislative che si abbattono su questa famiglia. Oltre alla tassazione separata chiediamo anche che gli orfani, che percepiscono una quota di reversibilità, possano essere a carico del genitore superstite. Spesso, infatti, accade che se l'assegno di reversibilità supera di poco una soglia di 4mila € e il beneficiario non è esente fiscalmente, nè può essere a carico del genitore superstite perché titolare di un reddito anche minimo, questi non potrà usufruire delle detrazioni fiscali su tutte le spese sanitarie, scolastiche, sportive che normalmente una famiglia canonica può detrarre. Un’altra battaglia forte che continuiamo a condurre è quella del riconoscimento dei contributi versati dal de cuius nel caso di morte precoce, e dei quali non ha usufruito perché non aveva raggiunto un minimo pensionabile. Attualmente neanche il coniuge superstite può usufruirne e dunque ritornano allo Stato. Noi chiediamo che quelle somme versate vengano restituite al coniuge superstite almeno per un primo sostentamento, specie perché le morti precoci riguardano famiglie giovani, con orfani che si ritrovano di colpo a non avere alcun reddito e in quel caso ad aiutare ci sono solo le famiglie d'origine o parrocchie. È per questo che chiediamo che quei contributi versati non goduti vengano restituiti in forma monetaria al coniuge superstite o vadano a fare cumulo con i contributi che questi versa per poter raggiungere la pensione. Abbiamo a cuore di preservare maggiormente la dignità delle persone vedove che in alcuni casi vengono quasi un po’ emarginate e vivono, anche dal punto di vista psicologico, una maggiore sofferenza e una maggiore fragilità.
Come e perché nasce “Il Melograno”. Che cosa è cambiato rispetto a 25 anni fa quando l'associazione ha mosso i primi passi per i diritti civili di chi vive la vedovanza con figli a carico?
L’associazione è nata proprio in seno alla Cei, il 16 novembre 2001, per un suggerimento profetico dell'allora direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia, mons. Renzo Bonetti che in tutta Italia, da nord a sud, teneva degli incontri che curavano la spiritualità vedovile, durante i quali si rese conto che, oltre a curare lo spirito, andava curato anche quello che era il grido di dolore e di sopravvivenza di tante persone vedove. Qui si accorse che non c'era nessuna associazione che tutelasse queste famiglie e che combattesse per le numerose iniquità legislative. Fu proprio durante un convegno che lanciò quest'idea ed è da lì che è nato “Il Melograno”: l’associazione civile nata da associazioni di spiritualità vedovile. Si è costituita legalmente proprio negli uffici della Cei e ha poi ha aderito subito al Forum delle associazioni familiari.
È stato facile farsi conoscere e diffondere gli obiettivi dell’associazione?
All’inizio ha fatto fatica a imporsi, sia nel sociale, sia per quanto riguarda l'opinione pubblica, che nel mondo politico, perché già da allora notavamo che la gente non riusciva a considerare la persona vedova come facente parte di un nucleo familiare che ha tutti i problemi degli altri nuclei familiari. Ricordo ancora quando in tutti i convegni sulla famiglia a cui partecipavo mi alzavo per prendere parola a nome delle famiglie vedove e vedevo che, un po’ tutti, quasi si interrogassero, ma io ho sempre pensato che il problema della vedovanza è un problema che riguarda tutte le famiglie e anche le coppie di fatto. In una coppia ci si sposa in due ma raramente si muore in due. È un problema trasversale e che andrebbe affrontato come una questione sociale, perché riguarda tutti. Una grossa conquista riguarda l’attenzione rivolta verso questa tipologia di famiglia sia da parte dell'opinione pubblica, con una maggiore risonanza sui giornali, sia da parte del mondo politico, tant’è vero che sia Istat, e quest'anno anche l'Inps, hanno preso in considerazione questa tipologia di famiglia, in particolare Inps con l'assegno unico universale per altri cinque anni.
L'associazione ha portato in ambito civile un'esigenza che era sorta già in ambito pastorale dopo i numerosi convegni organizzati dall'Ufficio della pastorale per la famiglia della Conferenza episcopale italiana. Quali sono le attività di sostegno alle famiglie vedove promosse dall' associazione? Cosa fate qui nel Salento?
In Salento, fino a qualche anno fa, abbiamo avuto uno sportello nei locali che c'erano stati assegnati dal comune di Lecce presso l’ex Conservatorio di Sant'Anna, dove una volta a settimana ricevevamo e ascoltavamo le problematiche di questo tipo di famiglia. Poi, come spesso accade per questo tipo di associazione, i volontari erano persone anziane che purtroppo, piano piano, son venute a mancare e, non avendo più persone a disposizione, abbiamo dovuto chiudere. Ora svolgiamo tutto online, in maniera più facilitata da un lato, e più complicata dall'altro, perché non tutti hanno familiarità con questa tipologia di contatto. Facciamo parte della Consulta delle aggregazioni laicali della diocesi di Lecce, organizziamo dei momenti di spiritualità perché, tra gli obiettivi che fanno parte del nostro statuto, c’è quello di curare la spiritualità delle persone vedove e questi incontri sono anche forme di comunione e di scambio di situazioni particolari. In questo periodo abbiamo preso contatti con la nuova sindaca di Lecce, Adriana Poli Bortone, con la quale avevo già avuto modo di comunicare qualche anno fa, perché ci aiutasse a livello nazionale, ed ora a livello locale, con delle politiche a favore di famiglie vedove, ad esempio con degli sgravi fiscali. In ogni caso, sollevare l'attenzione di un'amministrazione su questa tipologia di famiglia è importante, al di là poi di quello che si riuscirà a fare, questo è un segnale positivo.