“La sospensione dell’accordo sul grano tra Russia e Ucraina è uno choc inutile, non necessario, per 345 milioni di persone che al momento soffrono la fame in maniera acuta nel mondo. Di cui 153 milioni sono bambini”.
Così Emanuela Cutelli, responsabile della comunicazione per l’Italia del World food programme, il programma alimentare delle Nazioni Unite presente in 123 Paesi e operativo in più di 80 per contrastare la fame nel mondo. Ci lavorano oltre 23.000 persone, di cui circa 2300 nella sede centrale a Roma. Oltre alla distribuzione di cibo durante conflitti ed emergenze, il Wfp/Pam interviene anche per costruire resilienza nelle comunità: cibo ai bambini nelle scuole, canali di irrigazione, lotta alla desertificazione, piantumazione di alberi, formazione di donne e giovani contro la perdita di cibo e per conservare i raccolti. Cutelli ha partecipato in questi giorni al summit sui sistemi alimentari organizzato a Roma dal governo italiano insieme alle tre agenzie Onu del polo alimentare romano (Fao, Ifad e Wfp). “Grazie all’accordo - spiega - nell’ultimo anno sono stati movimentati 32 milioni di tonnellate di grano e altri alimenti di base in 45 Paesi”.
Siete preoccupati per il mancato rinnovo dell’accordo? Quali conseguenze sui Paesi in insicurezza alimentare?
Ovviamente siamo molto preoccupati per il mancato rinnovo dell’accordo sul grano, con la decisione della Federazione russa di ritirarsi. L’accordo ha permesso l’esportazione di cibo dai porti ucraini ed è servito a calmierare i prezzi del cibo sui mercati globali. Questo ha portato beneficio a tutto il mondo. Sia ai Paesi che ricevevano direttamente il cibo dall’Ucraina, sia a quelli che beneficiavano dei prezzi più bassi del cibo nelle loro importazioni. Grazie a questo accordo nell’ultimo anno sono stati movimentati 32 milioni di tonnellate di grano e altri alimenti di base in 45 Paesi. Noi abbiamo avuto 24 navi che hanno attraversato il Mar Nero sotto l’egida di questa iniziativa, a sostegno delle nostre operazioni sul campo, per fare fronte all’insicurezza alimentare in moltissime parti del mondo, soprattutto Paesi dell’Africa (Corno d’Africa), Afghanistan e Yemen. Nel corso dei mesi dell’iniziativa sul grano noi abbiamo acquistato 725.000 tonnellate di grano per le nostre operazioni. La sospensione di questo accordo è uno choc, inutile, non necessario, per 345 milioni di persone che al momento soffrono la fame in maniera acuta nel mondo. Di cui 153 milioni sono bambini, ossia il futuro del mondo. Aumentare i prezzi sui mercati globali ha conseguenze drammatiche su queste popolazioni, già colpite da una combinazione di choc: conflitti, cambiamento climatico, conseguenze economiche della pandemia, rallentamento dell’economia globale, tassi incredibilmente alti di inflazione, come in Libano, Venezuela, Zimbabwe ed Argentina.
Quanto ne risentirà il vostro lavoro sul campo?
Il Wfp si trova in un momento molto difficile della sua storia di 60 anni. Quest’anno prevediamo di raggiungere 171,5 milioni di persone e abbiamo bisogno di 25,1 miliardi di dollari. Nel 2022 abbiamo realizzato un record di persone raggiunte, 160 milioni, ossia il 25% in più rispetto al 2021. Questo significa che i bisogni stanno aumentando sempre di più e rapidamente. Al momento il Wfp ha contributi previsti per circa 10 miliardi di dollari ma per raggiungere il nostro obiettivo ci manca il 60% dei fondi. Questo ostacola fortemente la nostra capacità sul campo di rispondere a sfide crescenti di fame e malnutrizione. I tagli di oggi all’assistenza umanitaria aumenteranno inevitabilmente i bisogni di domani. È una tempesta perfetta che continua ad imperversare in moltissime parti del mondo, soprattutto le più fragili e povere, che hanno meno strumenti per rispondere a questa drammatica crisi. Dobbiamo fare in modo che l’assistenza alimentare di emergenza venga aiutata invece da una assistenza più a lungo termine. Rispondere alle emergenze è inevitabile ma altrettanto urgente è rispondere alle cause alla base dell’insicurezza alimentare.
Perché i vostri appelli sono sotto finanziati dai governi?
È un momento difficile per tutti: per le organizzazioni internazionali e per i governi, per le ripercussioni della pandemia, per la situazione economica, l’aumento delle crisi climatiche. È chiaro che se è difficile per tutto il mondo lo è ancora di più per quei Paesi che non hanno strumenti come la protezione sociale o l’alimentazione scolastica, cavallo di battaglia del Wfp. Fornire cibo ai bambini e alle scuole consente di far crescere nuove generazioni istruite e in salute, grazie al cibo completo e nutriente fornito a scuola, spesso anche con alimenti locali. Le famiglie hanno così un incentivo maggiore a mandare i figli a scuola invece che farli lavorare nei campi o tenere le bambine in casa.
La Russia ha anche annunciato di voler dare gratis il grano ai Paesi africani. C’è qualche speranza che riveda la propria posizione?
Il nostro compito è combattere l’insicurezza alimentare, per cui qualunque decisione che possa aiutare in questo senso è assolutamente benvenuta. Importante è che si ricostituiscano i canali intorno ad una continuazione dell’accordo, che ha aiutato moltissimi Paesi e milioni di persone a non peggiorare l’insicurezza alimentare. Il nostro compito è fare in modo che sempre più persone abbiamo accesso a cibo nutriente e sufficiente per una vita in salute. Ci auguriamo che si possa continuare questo accordo e che i prezzi scendano di nuovo. Questo può aiutare un po’ tutti.
Come valutate l’annunciato “Piano Mattei” del governo italiano per la stabilizzazione e lo sviluppo economico dei Paesi africani?
Ogni volta che si può fare una partnership con i Paesi africani è assolutamente positivo. Perché non dobbiamo lavorare solo sulle emergenze alimentari. Bisogna lavorare molto anche sulla costruzione e il rafforzamento di sistemi alimentari resilienti e sostenibili, perché le comunità diventino autonome per portare avanti i loro raccolti. L’Italia è un Paese molto importante a livello mondiale per quanto riguarda le problematiche alimentari. Non è un caso che l’Italia ospiti questi importanti Summit. Il piano per l’Africa è assolutamente condivisibile e noi ci impegniamo, come abbiamo sempre fatto, a lavorare con i governi dei Paesi donatori e dei Paesi beneficiari, affinché una collaborazione integrata porti ad una maggiore sicurezza alimentare. Noi siamo già pronti a lavorare con i vari governi per implementare attività di costruzione di resilienza a lungo termine, per aiutare la stabilità di questi Paesi dal punto di vista della sicurezza alimentare, che naturalmente ha ripercussioni su altri ambiti come quello delle migrazioni. Sappiamo quanto la fame conti nella decisione di migrare.