“I 4.700 esuberi previsti da Arcelor Mittal nel suo piano sono inaccettabili, si tratta di una decisione dell’impresa che contraddice l’impegno preso nel settembre 2018”.
Lo ribadisce l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, commentando i dati indicati dall’ad dell’azienda Lucia Morselli nel corso del tavolo al ministero dello Sviluppo economico. Una cifra alla quale - ricorda il presule - si somma quella dei 1.600 lavoratori non rientrati dalla cassa integrazione.
“Ci troviamo di fronte a una svolta chiara da parte dell’impresa che pone grossi interrogativi sul futuro dell’Ex Ilva, che richiede un piano preciso del governo per l’occupazione di questi lavoratori considerati in esubero”.
L’arcivescovo boccia l’ipotesi di una “nazionalizzazione pura”, ma auspica “un contributo importante dello Stato a una cordata di imprese italiane”.
Intanto, la priorità resta “chiedere una riduzione di questi esuberi” e “mantenersi fedeli a quanto era stato contrattato nel 2018”, cioè il mantenimento su Taranto dei circa 8mila lavoratori. “Noi siamo contrari a qualunque tipo di esubero - esclama mons. Santoro -. Se Arcelor Mittal dovesse insistere, intanto deve ridurli”.
Poi, l’alternativa auspicata è quella di una cordata italiana con una partecipazione statale. Una prospettiva che, secondo l’arcivescovo, non deve essere staccata dalla tutela dell’ambiente. “L’impegno del Governo deve essere anche quello di fare di Taranto un’azienda all’avanguardia ambientale. Perché tutela dei posti di lavoro e dell’ambiente devono essere posti sullo stesso piano”.