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“A brevissimo presenteremo al Tar-Lazio un ricorso contro il dPCM 26 aprile 2020”. È quanto affermato in una nota del Centro Studi Livatino.

 

 

 

Precisando che il il ricorso riguarderà l’annullamento del provvedimento del Governo “nella parte in cui, all’art. 1 co. 1 lett. i), dopo aver ribadito che 'l'apertura dei luoghi di culto è condizionata all'adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro', conferma la sospensione delle cerimonie religiose, con la sola esclusione di quelle funebri (e a condizione per queste che vi partecipino non più di 15 'congiunti', con mascherine e distanziati)”.

“Avendo nel nostro statuto fra gli scopi la difesa della libertà religiosa anche con azioni in sede giudiziaria - prosegue il comunicato -, reputiamo la prosecuzione della sospensione illegittima perché in contrasto con le seguenti norme della Costituzione: art. 19 Cost. in quanto comprime la libertà di culto, che è espressione della libertà religiosa; art. 7 in quanto non sostenuta dalle necessarie intese con la Conferenza Episcopale Italiana, come impone l’Accordo di revisione del Concordato del 1984, all’art. 13 co. 2; art. 3 perché discrimina fra tipologie di cerimonie religiose, allorché permette di assistere a una S. Messa solo se si celebra un funerale, in carenza di qualsiasi potere in capo al Governo di decidere quale tipo di Messa è ammissibile e quale no; ancora, art. 3 perché le cerimonie religiose sono ritenute meno importanti di altre attività o iniziative alle quali il dPCM dà il via libera già dal 4 maggio”.

“L’iniziativa – concludono dal 'Livatino' - raccoglie le sollecitazioni di tante associazioni, e resta aperta all’adesione di analoghi ricorsi di realtà con identici scopi statutari: con esse vi è un lavoro comune, su cui aggiorneremo”.

 

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