Nella certezza che con l'intervento dall’altro ieri ho toccato le corde giuste, evidentemente le più sensibili dell'animo dei rappresentanti istituzionali - i quali faranno a gara per partecipare alla forestazione urbana, col dubbio di non essere stata esaustiva, ribadisco la necessità di alberare ad oltranza.
Chiamo in causa il mio mentore Tiziano Fratus, autore del Manuale del perfetto cercatore d'alberi (2020). Consiglio la lettura a tutti e, in particolare, ai già citati rappresentanti che trarrebbero idee e spunti da applicare in questa città e nel territorio di competenza.
L'autore chiede agli altri e si chiede di indicare non quali monumenti vi sono vicino alla propria abitazione o ufficio o scuola, ma quanti alberi ci sono, si riescono a vedere. È fin troppo noto che dalla presenza e varietà di alberi, dalla loro mole, dalla loro produzione di frutti e di fiori dipende l'umanità. Mi permetto di aggiungere una precisazione sul termine umanità che va intesa non soltanto come genere umano, ma come sinonimo di bontà d'animo, altruismo e altri. In proposito mi viene in mente la mansuetudine dei contadini e di tutti color che sono a contatto con la natura.
Desideriamo armonizzare il paesaggio, ingentilire le strade completamente spoglie o un quartiere periferico (di fatto o ritenuto tale) - suggerisce Fratus - dominato dall'aggressività del cemento? Desideriamo cancellare il marchio di spersonalizzazione e dare, invece, un senso di identità e di appartenenza a un rione o a una zona che non è centralissima? Introduciamo alberi, anche piante possibilmente autoctone, Garantiremo, da una parte, un miglioramento della vivibilità e del piacere estetico e, dall'altra, recupereremo la natura andata perduta. Il tono delle pagine del libro è questo: un monito continuo, un incalzare di trovate alla portata di tutti, da attuare senza troppi sforzi e finanziamenti.
Certo, sono richieste alcune condizioni, ma non impossibili: che associazioni naturalistiche organizzino passeggiate, proiezioni di film e di documentari, giornate vivaistiche, mostre fotografiche e floreali. Queste ultime, come si facevano qualche decina di anni fa.
La conoscenza - riporto testualmente - è il primo passo per amare ciò che siamo nel nostro mondo. Se si conosce - ora sto elaborando Fratus - che quello è un albero, e non un sacco di patate, non si schiaccia la cicca accesa alla sua base lasciandola; se l'aiuola dove cresce l'albero si usa come portacenere e nessuno la spazza, come si può pretendere un ambiente pulito?
Ecco l'invito a usare i propri occhi e i propri sensi per iniziare a distinguere, ad attribuire un nome preciso a quello che il nostro sguardo incontra nel paesaggio per dare vita a una nuova forma di cittadinanza, una cittadinanza radicale locale che ci faccia sentire orgogliosi. "Quanta poca stima del paesaggio c'è in noi!".
Mi fermo qui. Per giungere a un livello di ordine e civiltà senza escrementi non raccolti, cicche, fazzoletti, scontrini, mascherine lasciate in strada serve istruzione, consapevolezza, buon senso e partecipazione dei cittadini con lo sguardo attento e autorevole delle istituzioni.
Appena finisco stampo questo contributo e lo lascio al direttore del supermercato... perché i collaboratori raccolgano le cicche da terra. Lo fate anche voi che avete letto. Vicino casa, certo. Non servono chilometri per raggiungere il senso civico di ognuno di noi. Se poi qualcuno si facesse promotore di istituire un comitato, sarebbe l'ideale.