È da un mese la nuova presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Prima donna alla guida del principale ente di ricerca italiano, Maria Chiara Carrozza resterà in carica per il prossimo quadriennio. 56 anni, una solida esperienza nella gestione della ricerca a livello nazionale e internazionale, già ministro dell’istruzione, università e ricerca nel governo Letta, per tre anni direttore scientifico della Fondazione don Gnocchi, la neopresidente Cnr ha al proprio attivo anche un altro record: nel 2007 ha ricoperto l’incarico di rettrice della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, divenendo così la più giovane rettrice italiana della storia.
Presidente Carrozza, commentando la sua nomina lei ha parlato di “una sfida e una responsabilità senza precedenti” e di “un cambio di passo e di prospettiva”. Che cosa intende dire?
La sfida è di fronte a tutti noi ed affrontarla significa lavorare assieme per trovare nuovi metodi di cura, di produzione dei beni, di fornitura dei servizi, ma anche per cambiare molti nostri comportamenti. Quella che dobbiamo compiere è una vera e propria rivoluzione culturale. Affrontare questa sfida da ricercatori significa assumere uno spirito di grande responsabilità. La scienza oggi ha tre grandi missioni: progredire nella conoscenza, lottare contro i grandi problemi che affliggono l’umanità e, in particolare, sviluppare terapie e vaccini contro la pandemia. Se non interveniamo immediatamente, ci troveremo sempre più spesso in situazioni in cui dovremo affrontare vere e proprie emergenze sanitarie, ambientali e socio-economiche. Deve cambiare l’organizzazione della società; proprio in questi giorni si sta discutendo di un argomento cruciale come la proprietà intellettuale dei brevetti sui vaccini, tema che mette in evidenza alcune contraddizioni della nostra società: il nostro obiettivo dev’essere però raggiungere quante più persone possibili.
Lei ha sottolineato anche l’importanza di riportare al centro dell’attenzione sociale, economica e politica la ricerca per la ricostruzione e la crescita del Paese. In questo scenario il ruolo che il Cnr sarà chiamato a svolgere è strategico. Quali sono le priorità?
In sintesi, si tratta di creare le condizioni per consentire alla ricerca di fare un passo avanti verso i bisogni delle persone e del mercato. I ruoli che i soggetti scientifici e imprenditoriali rivestono sono diversi ma tra loro ci dev’essere riconoscimento reciproco, ponendo le basi per un rapporto di fiducia e collaborazione. Questo vuol dire dotarsi di regole e procedure veloci ed efficaci, che agevolino le soluzioni invece di creare ostacoli burocratici.
In particolare, quale contributo potrebbe fornire il Cnr per conseguire gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza?
I miliardi che saranno investiti in istruzione e ricerca offriranno un’opportunità importante alla società tutta e, in quanto Cnr, dobbiamo dire la nostra, forti delle competenze trasversali che possiamo offrire per superare sfide importanti nel campo dell’istruzione e della ricerca, dell’ambiente e della salute e della trasformazione della Pubblica amministrazione. La scienza dovrà mettersi sempre di più al servizio della società e in particolare degli ultimi, mirando a raggiungere gli obiettivi da cui dipende la salvezza dell’umanità. Il mio punto di vista di scienziata viene dall’esperienza nella medicina della riabilitazione e dell’assistenza personale, settori che stanno vivendo un nuovo sviluppo grazie a innovazioni straordinarie, che ora possono consentire anche a persone con cronicità invalidanti di vivere più a lungo e bene.
La sua nomina sottolinea e valorizza anche il ruolo delle donne nella ricerca scientifica. Che cosa può offrire uno sguardo “femminile” in questo ambito?
Sicuramente una Presidenza Cnr al femminile può dare un senso di novità e può essere un simbolo dell’empowerment femminile, di quello che le ragazze possono ottenere impegnandosi nella loro carriera. Certo, sono orgogliosa e felice di essere stata nominata dal ministro Messa, che stimo particolarmente; per me, però, questo è solo il passo iniziale: i risultati scientifici si ottengono solo lavorando tutti assieme, donne e uomini. Cercherò di essere vicina a tutte le ricercatrici e ai ricercatori come un buon primus inter pares.
Qui si aprono due questioni. Anzitutto il permanere del “glass ceiling” che nel nostro Paese continua a penalizzare le donne nel mondo accademico, scientifico e professionale in generale. Lei in questo costituisce un modello positivo. La seconda riguarda il diffuso e negativo pregiudizio/stereotipo italiano su donne e materie Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics). Una sorta di “gender gap” confermato dai dati di AlmaLaurea: è una questione di autostima, di percezione sociale, di scarsa compatibilità o c’è altro? Come combatterlo?
Uno degli elementi più indicativi sul tema delle pari opportunità per ragazzi e ragazze è quello dell’iscrizione alle facoltà scientifiche e tecnologiche universitarie, dove la percentuale delle iscritte è nettamente inferiore a quella dei maschi. Questo elemento ha un valore importante perché si riflette direttamente sulle lauree e sulle professioni. Dobbiamo impegnarci al massimo per offrire la consapevolezza che ogni percorso di studio è accessibile alle ragazze così come ai ragazzi: non devono esserci scorciatoie, ovviamente, ma bisogna impegnarsi per sconfiggere questo pregiudizio e un ruolo importante lo svolgono la scuola, la cultura e le istituzioni. Come Cnr spero che questo elemento ci caratterizzerà sempre più: abbiamo bisogno di un numero equilibrato tra i due sessi tra quanti si dedicano allo studio delle hard sciences, occorre una trasformazione culturale della scienza e della tecnologia, sempre a partire dal presupposto di un’adeguata preparazione.