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Grazie alla rete comunichiamo alla velocità della luce, con la facilità di un gioco, con una connessione a copertura globale.

 

 


Abbiamo nelle mani strumenti potentissimi che solo pochi anni fa non esistevano nemmeno. Con questi cavalchiamo una trasformazione senza precedenti e spesso lo facciamo con aria distratta, con una sola mano, mentre con l'altra teniamo il volante in fila al semaforo.
La rete è ormai l'ambiente in cui viviamo, è l'aria che respiriamo, ne siamo pervasi e non possiamo farne a meno.
In poco tempo siamo stati i protagonisti di una vera mutazione genetica che ha modificato il nostro modo di fare esperienza del mondo. Abbiamo imparato a viverci dentro, ma nessuno ci ha insegnato a farlo, nessuno ci ha messo al corrente dei rischi, degli effetti collaterali, della direzione effettiva di questa accelerazione della storia impressa dalla tecnologia.
Stiamo però iniziando a comprendere che essere tutti connessi non ci rende automaticamente meno soli e che c'è qualcosa di strano se di fronte ad un paesaggio idilliaco rispondiamo di getto con un selfie da "postare sul nostro stato".
Viviamo ormai nell'era postmediale, dove i media non esistono più come qualcosa di separato da noi, perché noi stessi ne facciamo parte. Siamo nello stesso tempo produttori e prodotto, protagonisti e spettatori, ma abbiamo difficoltà a riconoscere cosa sia autentico, vero e pienamente umano.
E allora? Allora abbiamo bisogno di rallentare e riflettere su dove stiamo andando, abbiamo bisogno di una antropologia capace di dare una direzione al cambiamento. Perché può esistere un modo di comunicare che, oltre a connetterci, permetta di realizzare un incontro, un modo di esserci, anche sulla rete, capace di esprimere vicinanza e tenerezza, di testimoniare il valore dell'incontro faccia a faccia, invece di sostituirlo con lo scambio di profili virtuali.
Per fare questo abbiamo chiesto l'aiuto di un esperto, il prof. Ruggero Eugeni, docente di semiotica dei media presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, autore di numerosi volumi e pubblicazioni sui temi della comunicazione mediale e del cinema.

Eugeni, è un attento osservatore del panorama dei dispositivi postmediali e del loro impatto sulla nostra percezione del mondo. I suoi studi sull'intelligenza artificiale e sugli algoritmi che interpretano e orientano le nostre scelte lo hanno portato a dare un contributo critico decisivo al cosiddetto "Capitalismo della sorveglianza", facendo aprire gli occhi sulla necessità di sottrarsi al determinismo tecnologico per tornare ad individuare le responsabilità di chi comunica e gestisce le informazioni.
Con lui domani 17 marzo alle 19, presso la sala conferenze del Museo Castromediano verrà affrontato il tema "Sulla soglia del rumore: la vita in rete dalla dispersione alla presenza".
L'incontro, organizzato dall'associazione CASA e promosso dalla Fondazione Div.ergo-Onlus rientra nella rassegna "Il gusto della parola: le frontiere dell'uomo" e si propone di creare spazi di dialogo e di confronto su questi temi. Ingresso libero.

 

 

 

 

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