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Le celebrazioni della Candelora e del santo vescovo di Sebaste hanno aperto, come consuetudine, il secondo mese dell’anno nel comune a nord di Lecce, nello speciale anno santo mariano della città.

Se la celebrazione della presentazione di Gesù al Tempio (storicamente più conosciuta dai fedeli come la Candelora, o – fino all’ultima riforma liturgica – della Purificazione della Beata Vergine Maria) è una delle ricorrenze più care di tutta l’anno liturgico della Chiesa, assumendo per la liturgia il grado di Festa ed essere celebrata anche di domenica, a Trepuzzi essa assume un valore aggiunto ormai da tempo immemorabile. I trepuzzini infatti, in questo giorno esprimono una devozione che, a dire sia nelle terre del Salento “più unica che rara” non si eccede in valutazione, onorando con festeggiamenti non solo religiosi, ma anche civili il vegliardo sacerdote Simeone, che nella lettura evangelica del medesimo giorno viene presentato come un “uomo giusto e timorato di Dio”.

Nel pomeriggio di domenica scorsa l’arciprete mons. Vincenzo Marinaci, sul sagrato della cappella della Purificazione, ha compiuto la tradizionale benedizione dei bambini, dopodiché ha avuto inizio la liturgia della candelora, con il rito della benedizione delle candele e la processione verso la Chiesa Matrice per la solenne celebrazione dell’Eucarestia. Per le vie del paese è sfilato l’antico simulacro in cartapesta rappresentante il sacerdote Simeone nell’atto di presentare a Dio il Bambin Gesù, con ai piedi in atteggiamento orante la Vergine Maria, accompagnato dal concerto bandistico cittadino, dalla confraternita “Purificazione - San Giuseppe”, che ne promuove il culto e da numerosi fedeli e cittadini. La Santa Messa è stata presieduta dal trepuzzino Padre Francesco Pesimena, missionario vincenziano, che nei giorni precedenti ha curato la predicazione del triduo.

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"Cristo, mia dolce rovina" con le parole del frate poeta e filosofo David Maria Turoldo, Padre Francesco ha dato inizio al suo pensiero omiletico: “Il vecchio Simeone si rivolge a Maria dicendo che ‘Egli è qui per la caduta di molti in Israele’. Si, Cristo è qui, in mezzo a noi, per la rovina di tutto ciò che è buio nella nostra vita. È venuto a noi come "luce delle genti" per illuminare il nostro cammino. La luce della Sua presenza ci aiuta ad eliminare il fango della nostra quotidianità per rialzarci e risplendere dell'amore del Padre”. Ne segue l’esortazione “ad essere come quelle candele che poco fa abbiamo portato con noi in processione, illuminando l’oscurità del mondo con la luce di Cristo, quella luce che mai nessuno potrà spegner”.

Terminata la celebrazione, la statua di San Simeone è stata riportata processionalmente nella sua cappella, attorno alla quale luminarie, uno spettacolo di fontane pirotecniche e le tradizionali bancarelle di vario genere e di prodotti tipici come mustazzoli, cupeta, scapece, ecc. hanno come da tradizione colorato a Trepuzzi, con pensieri generali di tristezza per la mancata “focara”, che da tempo immemorabile i trepuzzini erigevano in onore di San Simeone, e che motivi di sicurezza - per il terzo anno consecutivo - ne hanno impedito la rituale accensione.

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Ieri  invece è stato il giorno del martire San Biagio. A presiedere la santa messa don Arcangelo Giordano, che  ha sottolineato durante l’omelia la particolarità di questo culto verso un santo a noi lontano per distanza fisica, temporale e culturale, ma che è amato e venerato tra i santi più cari alla memoria collettiva della nostra terra: “guardando alla sua immagine notiamo subito come il copricapo che indossa più che alle mitrie dei nostri vescovi è simile ad una skufia, l’indumento liturgico portato in testa dai chierici orientali”.

Questo quindi, oltre al ricordo delle vicende e del martirio di San Biagio, il messaggio che don Arcangelo ha lasciato ai fedeli ed ai devoti, una devozione con  uno slancio ecumenico, uno slancio di unità: “Oriente e Occidente, ora divise ma accumunate più di quanto si possa pensare. Unite ed intrecciate come quelle due candele che useremo per compiere il rito della benedizione della gola”.

E tanti sono stati i fedeli che, dopo la comunione, si sono accostati all’altare per compiere questo antico atto di devozione, e chiedere al Signore, per intercessione del Santo vescovo e martire, la protezione dai mali di gola.

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Al termine della celebrazione, accompagnato da don Vincenzo, dalla Confraternita del SS. Sacramento e da tanti devoti il simulacro di San Biagio, opera di una delle botteghe di cartapesta più importanti nella storia dell’artigianato locale, quella del grande maestro Giuseppe Manzo, è ritornato processionalmente nella chiesetta di Santa Croce in Largo Margherita, dove da più di mezzo secolo è custodito e venerato.

 

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