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Dopo la Biblioteca Innocenziana (LEGGI), l’Archivio diocesano. Continua il viaggio di Portalecce nel patrimonio storico e culturale della Chiesa di Lecce.

 

 

 

 

Ogni archivio, anche se periferico, statale, ecclesiastico si deve smettere di pensarlo come un luogo che ospita carte non più utili ai fini giuridici-amministrativi, per cui depositate in un locale “di fortuna” dove qualcuno, per causa forza maggiore prima o poi si recherà a consultare o a recuperare il documento divenuto oramai polveroso nel tempo.

Esso è il cuore pulsante di un ente, in cui è custodita tutta la documentazione prodotta e acquisita dallo stesso ente laico o ecclesiastico che sia; permette di conoscere e ricostruire attraverso l’analisi e lo studio della documentazione la storia dello stesso ente, per cui deve essere visto come un luogo di scambio e di confronto della cultura e va identificato come un luogo di relazione tra le persone e la storia del territorio.

“Contenitore-luogo” culturale degno di presentazione, in questa circostanza, è l’Archivio della Curia arcivescovile di Lecce. Retto a norma dei canoni 375-384 del Codice di Diritto Canonico è allocato al primo piano dell’antico seminario, in Piazza Duomo. L’archivio «locus in quo acta pubblica asservantur, ut fidem faciant» definizione che risale all’epoca romana, con l’aggiunta in epoca moderna «ad perpetuam rei memoriam», afferma così il valore della conservazione permanente della documentazione custodita in esso. Nello specifico «nella mens della Chiesa […] gli archivi sono luoghi della memoria delle comunità cristiane e fattori di cultura per la nuova evangelizzazione». In quanto luoghi della memoria, in maniera sistematica, conservano gli atti e i documenti con cui viene scritta l’elaborata storia della comunità ecclesiale per garantire l’opportunità di una adeguata analisi di quanto è stato fatto, dei risultati ottenuti, delle omissioni e degli errori. La documentazione conservata negli archivi della Chiesa cattolica è un patrimonio immenso e prezioso: «[…] mette in risalto nel suo complesso l’attività religiosa, culturale e assistenziale delle molteplici istituzioni ecclesiastiche, favorendo anche la comprensione storica delle espressioni artistiche che si sono originate lungo i secoli al fine di esprimere il culto, la pietà popolare, le opere di misericordia. Gli archivi ecclesiastici meritano dunque attenzione tanto sul versante storico quanto su quello spirituale e permettono di comprendere l’intrinseco legame di questi due aspetti nella vita della Chiesa»; essi, senza dubbio si possono considerare la fonte primaria per redigere la storia delle tante e svariate espressioni della vita religiosa e della carità cristiana; sono i luoghi della memoria ecclesiale da conservare e trasmettere, «da ravvivare e valorizzare poiché rappresentano il più diretto collegamento con il patrimonio della comunità cristiana».

In merito a tutto ciò, l’archivio, il 3 maggio 1988 dalla Soprintendenza archivistica della Puglia, viene riconosciuto «di notevole interesse storico locale per gli studi di storia religiosa sociale ed economica»; la documentazione presente risale alla fine del XV secolo. Tra i documenti più importanti, oltre alla serie Anagrafe (battesimi, cresime, matrimoni, morti, stati delle anime), visite pastorali, relationes ad limina, sacre ordinazioni, ordini religiosi, capitolo cattedrale, processi di beatificazione, confraternite, giudicati civili e criminali, non si può non citare il fondo pergamenaceo composto da 77 pergamene per un arco cronologico compreso tra il 1589 e il 1928.

Si tratta di bolle emanate dai pontefici come, solo per citarne alcuni, Sisto V (1589), Urbano VIII (1643), Clemente X, Innocenzo XII (già vescovo di Lecce), sino ad arrivare a Pio XI (1928). Sono bolle di autorizzazioni a matrimoni tra consanguinei; a questa tipologia si aggiungono i 47 Brevi relativi a concessioni diverse per i regolari, per i capitoli collegiali, per monacazioni, per interventi a favore dei poveri; ancora un Motuproprio di Pio VI del 1794. Inosservati non possono passare i due diplomi in pergamena miniati, rilasciati dal Collegio di Catania ad Aloisio Giordano Felice in Doctor utriusque iuris il 13 agosto 1689 e a Federico Giordano, in Iure Pontificio, scilicet, et Caesareo il 24 agosto 1724 entrambi di Palermo e, la Platea del monastero di Santa Chiara datata 1789 composta da 65 carte e da 59 mappe realizzate in acquerello dal pubblico agrimensore Paolo Guido appartenente all’ordine dei Carmelitani. Per ogni proprietà terriera è riportato il feudo di appartenenza (Calimera, Castri, Francone, Melendugno, Vernole), la denominazione, l’estensione delle proprietà terriere affidata agli agrimensori Angelo Parlangeli e Vincenzo Cipolla, i confini, il tipo di coltura (olivi o vigne), il numero delle piante, la presenza di strutture murarie, i confini le rendite e le decime.

 

Photogallery di Arturo Caprioli.

 

 

Forum Famiglie Puglia