Paolo Benanti, professore di etica delle tecnologie alla Pontificia Università Gregoriana è un francescano del Terzo Ordine Regolare, e si occupa di etica, bioetica ed etica delle tecnologie.
In particolare, i suoi studi si focalizzano sulla gestione dell’innovazione: internet e l’impatto del digital age, le biotecnologie per il miglioramento umano e la biosicurezza, le neuroscienze e le neurotecnologie. Il teologo è uno dei massimi esperti al mondo d’IA (Intelligenza Artificiale) infatti, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, lo ha inserito tra i 39 esperti del New artificial intelligence advisory board.
Da docente, ha insegnato con grande professionalità, l’etica anche nello sviluppo della tecnologia. E afferma con assoluta certezza che “l’Intelligenza Artificiale non ci deve spaventare, quanto piuttosto, deve preoccuparci la stupidità naturale che può trasformare questo strumento da opportunità ad arma micidiale per gli esseri umani”.
Insieme all’intelligenza artificiale, quindi deve farsi strada “l’algoretica” ovvero dare un’etica agli algoritmi. “È come mettere dei guardrail alla macchina perché non vada fuoristrada. È chiaro che non basta l’etica, ma servono anche dei principi: per esempio il codice della strada.
La consapevolezza è una qualità umana, e secondo Benanti potremmo arrivare ad avere macchine che fanno cose che non riusciamo a spiegare, il cui funzionamento complesso potrebbe superare la nostra capacità di comprensione, ma questo non le renderà certamente persone.
E dunque è necessario “insinuare” all’interno della macchina una sorta di incertezza: dal punto di vista algoretico questo significa che di fronte a un dubbio la macchina interpellerà colui che dell’etica è portatore, ossia l’uomo, per validare le sue decisioni. Questo ci porta a creare una “Human Centered AI” (centrata sull’uomo) e a sviluppare macchine che non rispondano semplicemente sì o no, ma siano integrate con l’uomo e insieme all’uomo cerchino la soluzione migliore.